Tempo di Natale

OMELIE DEL TEMPO DI NATALE

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MESSA DI NATALE – PRIMO SCHEMA

“E IL VERBO SI FECE CARNE”

 

Carissimi fratelli e sorelle, 

è Natale.  Abbiamo ascoltato il vangelo più solenne che ci parla di questo mistero: il Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi! Siamo al culmine della riflessione della Chiesa sul mistero del Natale.

Il Natale viene celebrato liturgicamente da quattro s. Messe.

 

1. La prima: La S. Messa della Vigilia di Natale.

Normalmente nelle nostre parrocchie non viene celebrata per dare maggiore risalto a quella di Mezzanotte. Ma lì dove ci sono particolari problemi, come ad esempio la scarsità di preti, ecco che si può celebrare la Messa della Vigilia dove viene letta la genealogia di Gesù secondo Matteo insieme all’angoscia di Giuseppe nel vedere la sua Fidanzata incinta e la sua gioia nel sapere dall’angelo che è tutto opera dello Spirito Santo e che lui è stato scelto per essere il papà putativo del Figlio di Dio a cui lui avrebbe messo il nome di Gesù

La genealogia di Gesù è un lungo brano del Vangelo che viene spesso ascoltato con un senso di noia e di freddezza: una sfilza di nomi che non finisce mai con una nenia di Tizio generò CaioCaio generò Sempronio… Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar…… (Mt 1,1ss).

Eppure è uno dei Vangeli più commoventi! Se avessimo un minimo di sensibilità e un minimo di riflessione amorosa del mistero, questo Vangelo non potrebbe non farci piangere di commozione. Commozione perché quella sfilza di nomi sono i parenti stretti di Gesù, dietro ogni nome c’è una storia spesso non solo condita di peccato, ma segnata fortemente da esso. Parente stretto di peccatori, tra essi ci sono anche assassini, adulteri. Storie di persone condite di debolezze, di limiti, di fragilità……chissà se mai queste persone hanno pensato che la loro storia aveva un’apertura più grande della loro piccola esistenza……chissà se queste persone avevano mai pensato che la loro storia era una piccola tessera di quel mosaico d’amore che è la storia della salvezza e che proprio la loro tessere sarebbe dovuta servire per disegnare il volto e la presenza in mezzo a noi del più “Bello tra i figli degli uomini” (Sal 45,3) il Signore nostro Gesù Cristo. 

Ecco guardando oggi verso quella grotta dove Maria porge a Giuseppe questo Bambino pensiamo a questa apertura, a questa dimensione più vasta che ha la nostra piccola vita. La storia di ciascuno di noi è una piccola tessera di quel mosaico disegnato da Dio con cui Lui vuol farci vedere il suo volto. La nostra grandezza di uomini e la nostra gioia più profonda sta proprio nello scoprire il posto della nostra tessera per collaborare con il Padre alla costruzione del grande mosaico della salvezza dell’umanità.

 

2. La S. Messa di Mezzanotte.

È la Messa più ricca di suggestione, l’atmosfera di particolare intensità di gioia e di sentimento: l’orario, i canti, il presepe illuminato, la deposizione del Bambinello nella mangiatoia. Non possiamo non commuoverci: la povertà di quella coppia, non c’è posto per loro, non c’è posto neanche per Colui che nascerà, una stalla accoglierà Colui che è il Signore di ogni cosa!

Non c’è posto per Gesù….. È la freccia con cui il buon Padre del cielo vuole commuovere il nostro cuore di pietra: Non c’è posto per mio Figlio! Deve nascere al freddo e al gelo, deve riposare sulla paglia perché non c’è posto per Lui. E allora il Padre ci manda il suo Spirito come lo mandò su Maria, il suo Spirito che ci sussurra nel cuore: Fai spazio a Gesù… fai spazio a Gesù… fai spazio a Gesù… ogni anno il Padre paziente e costante ci manda il suo Spirito per toccarci il cuore, Lui che potrebbe piegarlo con la forza, potrebbe schiacciarlo con la potenza, potrebbe squarciarlo con il solo suo sguardo, vuole invece commuoverlo con la manifestazione non della sua potenza, della sua forza, della sua gloria, ma della sua debolezza. Sì, lì a Betlemme c’è la manifestazione della debolezza di Dio, sì perché chi più debole di chi ama? E Dio è AMORE!!! E “Dio Padre ha tanto amato gli uomini da mandare il suo Figlio” (Gv 3,16). 

Quel Bambino che Maria allatta, bisognoso di affetto, di cure, di amore, quel Bambino è Dio che desidera l’amore di quella umanità che Lui ha creato nella sua potenza, ha creato l’umanità per amore, per amare gli uomini e perché essi amando Lui vivano. Perché l’uomo, la donna che non amano Dio non vivono, sono un uomo morto, una donna morta, la persona umana viva è la persona che ama, che ama innanzi tutto Dio. 

È questo il canto che risuona nella notte a quei pastori che vegliavano il gregge: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama… questo sarà il segno: troverete un Bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia” (Lc 2,13ss9. La debolezza di Dio: Colui che nulla può contenere si lascia avvolgere in fasce. Le fasce lo avvolgeranno non solo a Betlemme, ma cosa commovente, anche sul Calvario dove Maria lo avvolgerà ancora una volta in fasce, non più per sorreggere il piccolo corpicino fragile, ma per coprirne il corpo martoriato, freddo e morto, Lui che non poteva morire perché era la Vita e nessuno poteva levargli la Vita (cfr. Gv 10,18), ma volle consegnarsi alla morte per mostrarci fino a che punto ci ama.

La debolezza di Dio che nasce a Betlemme che in ebraico vuol dire “Casa del Pane”… che viene deposto in una mangiatoia… Lui che un giorno dirà: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo, chi mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gv 6,51). La debolezza di Dio che si fa “Pane” per essere mangiato per saziare la fame d’amore, di vita e di gioia dell’umanità sottoponendosi al rischio di rimanere nascosto lì in quel Pane senza che qualcuno lo scopra, sottoponendosi al rischio del disprezzo, dell’indifferenza, del non amore.

 

3. La S. Messa dell’Aurora.

Al centro della Liturgia della Parola di questa Messa ci sono i Pastori con la loro corsa alla grotta dove trovano il BambinelloMaria Lo porge loro con amore.

Loro che erano soliti starsene ognuno per conto loro con il proprio gregge, si mettono insieme, lasciano il proprio gregge incustodito e corrono alla grotta dove trovano Maria che porge loro il Bambinello e tornano ai loro greggi, alla loro vita di sempre, ma con una grande gioia dentro, tornano lodando e benedicendo il Signore

Pastori rappresentano tutta l’umanità chiamata all’incontro con il Bambinello, per incontrarlo occorre essere come loro capaci di lasciare il proprio gregge… il proprio piccolo mondo di preoccupazioni, di desideri, d’impegni per correre alla grotta… per ricevere anche noi come loro Gesù Bambino nelle braccia, per stringerLo al petto, per baciarLo…

Corriamo dunque alla grotta insieme ai pastori…, ogni anno quando arriva questo giorno ci accorgiamo che non abbiamo portato nulla a Gesù, ci accorgiamo che le nostre mani sono vuote e un certo senso di tristezza ci coglie nell’anima perché avremmo voluto portarGli qualcosa, un regalo, forse anche piccolo, ma avremmo voluto portarGli qualcosa per farLo felice, contento…

Com’è difficile comprendere che il regalo più bello che possiamo fare a Gesù Bambino è quello di prenderLo in braccio, di stringerLo a noi, di baciarLo…, si è fatto Bambino per questo…, desidera questo…, cosa desidera un piccolo bimbo se non di essere preso in braccio e baciato? Chi va alla grotta con le mani piene di regali non le ha libere per poterLo prendere in braccio, poterLo abbracciare e baciare… bisogna avere le mani vuote per poterlo fare…! Che mistero…! “Non sono venuto per i giusti…, ma per i poveri peccatori” (Lc 5,32)

Ogni anno in questo giorno non posso non ricordare quella notte natalizia di tanti tanti secoli fa, proprio lì a Betlemme, proprio lì in quella grotta, quando quell’innamorato di Gesù che fu san Girolamo era lì in preghiera e gli apparve il Bambinello che gli disse: “Girolamo cosa mi regali nel giorno della mia nascita?”. Pensate… quel povero uomo di Girolamo non sapeva cosa rispondere e cominciò allora a dire a Gesù Bambino: “Ti regalo questo”  e la risposta di Gesù era: “Girolamo, questo è già mio, te l’ho dato io…”. Girolamo non sapeva più cosa dirGli, ogni cosa che voleva regalarGli …(l’intelligenza, il cuore, la vita…), Gesù rispondeva sempre allo stesso modo: “Girolamo, questo è già mio, te l’ho dato io…”. Sempre più imbarazzato Girolamo alla fine chiese a Gesù: “Signore mio, dimmi tu cosa posso regalarti?” e il Bambinello gli rispose: “Girolamo, Girolamo, dammi i tuoi peccati… quelli sono veramente tuoi e per questo sono venuto al mondo!”

 

4. La S. Messa del Giorno

Infine la Messa del Giorno che è la più solenne liturgicamente (quando viene celebrata di mattina, celebrata alla sera perde un po’ di solennità esterna) 

Al centro della Liturgia della Parola c’è la meditazione mistica e alta del Prologo di Giovanni con quel Verbo che era al Principio e che si fa carne e viene a piantare la sua tenda in mezzo a noi.

Quel Bambinello è Dio! Troppe volte abbiamo sentito dire questo senza averne colto lo scandalo, l’assurdità umana di ciò.

Quel Piccolo Bambino che piange, che sorride, che prende il latte dalla Mamma è Dio… è  DioMa com’è possibile? Attenti non dico com’è possibile che sia Dio, no, no… dico: “Com’è possibile credere a questo senza un gran senso di stupore, di meraviglia, di commozione? Com’è possibile credere che questo Bambino sia Dio… il Grande Dio, l’Onnipotente, l’Infinito Dio e poi vivere come tanti altri che non sanno questo, che non conoscono questo, che non credono a questo?”

Io mi chiedo e veramente non riesco a capacitarmi mai: Com’è possibile una fede senza passare attraverso lo scandalo, la lotta, la scelta autentica? Come si fa? Non lo so! Non è possibile che il fatto che questo Bambino sia Dio non ci sconvolga più di tanto!

L’hanno messo in croce proprio per questo, non l’hanno messo in croce perché predicava l’amore, no! L’hanno messo in croce e l’hanno ammazzato con un delinquente perché aveva affermato di essere Dio come il Padre. Questo è il motivo della sua condanna a morte.

Quando questo Bambinello fattosi Uomo adulto dirà ad un paralitico portato giù dal tetto perché lo guarisse: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”, giustamente i farisei presenti si scandalizzarono dicendo: “Chi è costui che pronuncia bestemmie? Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?” (Lc 5,21ss). Questo Bambinello, Adulto, dirà anche: “Prima che Abramo fosse io sono” (Gv 8,58) e quando Lo accuseranno di infrangere il sabato perché in quel giorno guariva la gente, dirà: “‘Il Padre mio opera sempre e anch’io opero’, e proprio per questo i giudei cercavano ancor più di ucciderlo perché non solo violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio (Gv 5,16-17). 

L’hanno ucciso perché si è proclamato Dio e non è stato riconosciuto come tale perché si aveva di Dio un’idea diversa, un’idea di Dio in cui non c’è posto per la debolezza, la fragilità, l’umiliazione e per di più di un Dio che muore e che muore in croce per giunta! No, questo Dio, non è un Dio che piace all’umanità, l’umanità preferisce un Dio vittorioso, un Dio che ti salva dalla roce, non che muore in croce, un Dio che una volta assicurato il suo favore con qualche cosa da pagargli: una preghiera, una processione, un’offerta, una candela… poi ti assicura, ti assicura contro gli imprevisti, contro le sciagure, contro… le croci.

L’umanità cerca un Dio forte e potente da accattivarsi, non cerca un Dio che si lasci prendere in braccio! Questo però è il nostro Dio, questo è il vero Dio!

Carissimi fratelli e sorelle, Buon NataleGesù Bambino possa trovare in ciascuno di voi, due braccia che Lo stringano, due labbra che Lo bacino, un cuore che L’accolga, uno spazio in cui poter crescere, una vita in cui farsi conoscere a tanti che ancora non sanno di Lui. Diamo a Gesù questa gioia. Auguri.

Amen.

j.m.j.

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MESSA DI NATALE – SECONDO SCHEMA

“Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio!”

 

Carissimi fratelli e sorelle,

è Natale, l’anniversario della nascita di Gesù: “Ci è stato regalato un figlio, un bambino è nato per noi!” (Is, 9,5). Oggi è dunque festa, festa grande! Ma è festa solo per chi accetta questa regalo del Padre ed è festa per me nella misura in cui io so appropriarmi di questo Dono che supera ogni altro dono.

In questa settimana durante una breve corsa di autobus, proprio prima che scendessi, sentivo alcuni giovani sedici-diciottenni che parlavano del Crocifisso in aula, uno diceva forte: “A me da fastidio il Crocifisso…”. Mi sarebbe piaciuto sentire anche perché gli dava fastidio… ma eravamo arrivati alla mia fermata e sono sceso con una grande amarezza nel cuore: “Gesù…, e così Tu dai fastidio!”. Dai fastidio sulla croce…, dai fastidio sul presepe e così Ti si vuol far sparire dalla circolazione…, dà fastidio anche il Tuo nome e Lo si leva dai canti natalizi, così li possono cantare tutti anche coloro a cui dai fastidio…

Mio Signore Gesù, che tristezza pensare che Tu possa dare fastidio a così tanta gente! Fintanto che dai fastidio ai musulmani…, agli ebrei…, posso anche capirlo…, ma sembra che Tu oggi dia fastidio anche ai cristiani…, cristiani che, però, continueranno anche quest’anno a scambiarsi gli auguri e a farsi qualche regalo…

Sì, caro mio Gesù quest’anno ho capito che Tu sei proprio indiscreto e fastidioso. Dove passi Tu, crei scombussolamento, scompiglio, confusione, fastidio, mentre i più vogliono starsene tranquilli nelle loro comodità, Tu invece non ci lasci in pace, quieti nel nostro amato tran tranQuanto fastidio porti Gesù a chi desidera una vita senza tanti problemi!

Hai iniziato subito ad inquietare questa nostra umanità scombussolando i piani d’amore di due fidanzati tutti protesi alle nozze. Arrivi Tu e scombussoli tutto! Provo ad immaginare un attimo se quel giovane dell’autobus fosse stato al posto del falegname di Nazareth che a pochi giorni del matrimonio si trova la fidanzata incinta e non da lui! Hai scombussolato la vita di Maria chiedendole la sua Verginità… Hai scombussolato la vita di Giuseppe chiedendogli di diventare il papà di un bambino non suo e di rinunciare ad averne di propri…

Quando passi Tu, inquieti le persone… Anche quando stavi per nascere, quelli dell’albergo furono disturbati dal tuo Giuseppe e dalla Mamma che cercavano un luogo accogliente dove farTi nascere, ma non lo trovarono: disturbava troppo farTi spazio e per Te non ci fu di meglio che una grotta per casa e una mangiatoia per culla…

E lì nella grotta di Betlemme, Tu non potevi mica startene buono e tranquillo, solo con Mamma e Giuseppe, Tu volevi un po’ di festa e allora mandasti i tuoi angeli a disturbare dei pastori che vegliavano il loro gregge che accorsero curiosi a vederTi e a prenderTi in braccio, ma le pecore dovettero lasciarle incustodite per venire da Te e chissà se poterono conservare il lavoro l’indomani… Tu sei il Divino Disturbatore dell’umanità, vieni a disturbare ogni uomo…, ogni donna, Tu non hai pace finché non disturbi tutti e…, mistero di grazia, neanche l’umanità non ha pace finché non accetta di essere disturbata da Te.

È solo quando accetto l’invadenza di Gesù nella mia esistenza che la mia vita diventa improvvisamente ricca, preziosa e degna di valore, finché non faccio spazio a Gesù, nulla ha un senso nella mia vita: né le piccole o grandi gioie che passano, né le piccole o grandi sofferenze che mi feriscono e rimangono.

Gesù viene nel mondo per un’invadenza d’amore divino, si tratta di un amore troppo grande, che non si può capire con facilità. Un amore misterioso, immenso, a noi incomprensibile perché immotivato: non aveva nessun motivo per amarci, per questo non Lo capiamo.

La nostra mente va avanti con una logica umana dove non si fa nulla per nulla, e invece Lui fa tutto gratis, senza motivo, solo per sovrabbondanza di amore. L’equivoco fondamentale è proprio questo: l’innato sospetto umano su quanto o cosa possa volere in cambio di quanto Egli ci dona.

Il Padre non poteva avere un amore più grande di questo: regalarci suo Figlio, il Figlio non poteva avere amore più grande per noi che consegnarsi piccolo e nudo nelle nostre mani per lasciarsi prendere in braccio e baciare da noi che in cambio L’abbiamo messo in croce…è un amore che non capiamo, è un amore troppo grande, per questo ci può dar fastidio…, essere amati così può dar fastidio…

Sì, accogliere Gesù e il suo amore per noi può dar fastidio… Può infastidirmi il fatto che Dio voglia essere preso in braccio da me, che desideri stringersi al mio petto e riempirmi di carezze e bacetti di Piccolo Bimbo…

Dà fastidio questo Piccolo Bimbo con il suo desiderio d’affetto, il Suo è un regalo che spesso si preferisce fuggire perché troppo impegnativo lasciarsi amare da Dio, si preferisce pagarGli qualche tassa, offrigli qualche sacrificio o preghiera, qualche elemosina o processione, piuttosto che accettare di prenderLo in braccio…

È più comodo non prenderLo in braccio, è più comodo fuggire le carezze e i suoi baci, infatti come si fa ad accogliere un amore così immenso e poi rimanere gli stessi? Come si fa a prendere in braccio questo Bambino e continuare ad usare le nostre mani per l’avere, il potere, il godere? Come si fa guardare i suoi occhietti semplici e continuare poi a insozzarci i nostri sempre più ricolmi di malizia, di invidia, di cupidigia? Come si fa a stringere questo Bambino Divino al nostro cuore e continuare a sporcarcelo nel fango delle nostre passioni?

Non è possibile tale contraddizione esistenziale…, non è possibile! Per questo Egli insiste e continua a bussare alla nostra anima, continua a importunarci, a disturbarci e in ogni Natale grida forte forte al nostro cuore che vorrebbe più spazio, che sta troppo stretto, che vorrebbe nascervi sul serio per darci la gioia di prenderLo in braccio…

Lui non ha bisogno di noi, ma ha scelto di averne per amore: solo l’amore è capace di far diventare piccolo il Grande, bisognoso e impotente l’Onnipotente, fallito e vinto l’Invincibile…, solo l’amore è capace di far diventare uomo Dio, di far morire la Vita eterna!…

Allora, carissimi fratelli e sorelle, chi è il cristiano? È colui o colei che accoglie nella propria vita quest’amore e accetta il dono del Padre, accetta la donazione e si appropria di questo Bambino: ognuno di noi può dire: “Questo Bambino è mio”. Tutto quello che è e che ha è mio! Possedendo Lui sono improvvisamente ed eternamente ricco, senza Lui sono inevitabilmente ed eternamente povero.

Mia è la sua figliolanza divina, mia la sua bellezza, mia la sua gloria, mia la sua santità…

Mie le sue virtù, mie le sue sofferenze, miei i suoi meriti, mia la sua morte… mia la sua risurrezione…

Mio il Padre suo mia la Mamma sua mio il suo S. Spirito perché mio Lui stesso che si è fatto Dono a me.

È dono per me lì, a Nazareth, dove si dona alla Vergine come Figlio che da Lei riceve la vita, l’alimento, l’affetto. Maria Lo concepisce per me, perché anch’io un giorno Lo potessi concepire nella Chiesa per mezzo dei sacramenti, nella fede e nell’amore…

È dono d’amore per me lì, a Betlemme, dove la Vergine Lo fascia d’amore e Lo adagia sulla mangiatoia perché io possa adorarLo e prenderLo in braccio…

È dono d’amore per me lì, lungo tutti quei lunghi anni passati a Nazareth, nell’umile nascondimento, nell’ubbidienza e nel lavoro, perché io capissi il vero valore della vita e non mi lasciassi abbagliare dal luccichio del successo, del denaro, dei piaceri mondani…

È dono d’amore per me lì, sulle rive del Giordano, dove Lui, l’Innocente e il Santo, si fa battezzare da Giovanni per i miei peccati e per me chiede perdono al Padre…

È dono d’amore per me lì, nel deserto, dove si lascia tentare dal demonio, perché io imparassi da Lui a non lasciarmi lusingare da nessuna tentazione e uscissi sempre vittorioso da ogni insidia diabolica…

È dono d’amore per me lì, lungo la Palestina, nel suo pellegrinaggio d’amore in cui mi consegna il suo Vangelo, perché non ci fossero tenebre sul mio cammino… È dono d’amore per me lì mentre affaticato e stanco, seduto al pozzo chiede da bere a me che ho una brocca vuota (cf Gv 4,7)…

È dono d’amore per me lì, nel Cenacolo, dove si dona agli Apostoli come pane da mangiare e vino da bere per essere spezzato e versato e così poter saziare la mia fame e sete d’amore …

È dono d’amore per me lì, al Getsemani, da Caifa, da Erode e da Pilato, lungo la via del Calvario, mentre si lascia mettere le mani addosso, incatenare, picchiare, sputacchiare, umiliare e incoronare di spine, flagellare e crocifiggere e tutto questo per me: perché io potessi pagare il mio debito, s’è accollato Lui la mia pena!…

È dono d’amore per me lì, sulla croce, mentre morente, mi consegna sua Madre come mia…

È dono d’amore per me lì, al Golgota, mentre consegna la sua vita alla morte perché io vivessi per sempre!…

È dono d’amore per me lì, nel sepolcro, mentre risorge dalla morte e ne ribalta la pietra “perché io non viva più per me stesso, ma per Lui che è morto e risorto per me!” (Preghiera Eucaristica IV).

Gesù è dono d’amore per me! Accogliamo questo dono e chiediamo a Maria, nostra Madre e Maestra, che ci aiuti a rispondere a tale smisurato, immenso, incredibile consegna d’amore “del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me!” (Gal 2,20). Chiediamo a Maria cosa fare per non essere ingrati e Lei ci dirà che è cosa molto semplice: basta prenderLo in braccio e non lasciarLo lì sulla mangiatoia con le manine protese verso di te. 

Accontenta Gesù, prendiLo in braccio, stringerLo a te, baciaLo è questo il regalo, l’unico che tu puoi fare a Gesù, dopo di che, nulla sarà più come prima, né tu sarai più lo stesso o la stessa perché hai abbracciato Gesù e Lui non se ne è andato più, è rimasto lì con te a disturbare la tua vita, a rompere i suoi ormeggi e farle prendere il largo sull’Oceano dell’Amore!       Amen.

j.m.j.

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MESSA DI NATALE – TERZO SCHEMA

“E il Verbo si fece carne!”

 

Carissimi fratelli e sorelle, 

immersi in un clima culturale in cui il Santo Natale perde sempre più il suo significato cristiano per assumere il volto di una semplice festa di consumo, noi che crediamo in questo Bambino che volle nascere nel freddo e nel gelo della non-accoglienza e della disattenzione, siamo oggi più che mai chiamati a farGli spazio nei nostri cuori perché ivi possa trovare accoglienza, attenzione, e amore tenero, stupito e commosso.

Rivestiamoci, dunque, intimamente di fede viva, di speranza fervida, di amore appassionato per accogliere Gesù che viene. Entriamo nel mistero del Natale con sentimenti di fede, speranza e amore perché il nostro cuore si dilati e faccia maggior spazio Gesù che viene, senza lasciarsi distrarre e confondere dalle false luci e ingannevoli voci del mondo.

  • Sentimenti di Fede

Riconosciamo in questo piccolo Bimbo che Maria fascia con tenerezza, il nostro Dio annichilito dal suo eccessivo amore per noi. Inginocchiamoci dunque davanti al presepe e adoriamo il Creatore del mondo che si è fatto creatura, l’invisibile Dio che si rende visibile nel corpicino di un Bimbo, l’onnipotente Signore del cielo e della terra che si mostra piccolo e debole Bimbo bisognoso di tutto, anche di affetto. 

È Dio! È Dio! È veramente Dio! Non lasciamo passare questo tempo santo natalizio senza esserci fermati in adorazione silenziosa del mistero che racchiude il presepe. Quel piccolo Bambino è Dio! 

Dio ha spogliato se stesso di ogni splendore, gloria e potenza per apparire in mezzo a noi piccolo, piccolo, talmente piccolo da poter essere preso in braccio da tutti, perché? 

I nostri progenitori, ingannati dal serpente antico ambirono essere come Dio per liberarsi da Dio. Desiderarono essere come Dio per affrancarsi da Dio. Desiderarono l’autonomia, la libertà, la potenza di essere e di fare quello che pareva loro. E invece si ritrovarono poveri, nudi e mortali. Ora avviene l’incredibile: per riparare questo peccato di arroganza, superbia e disubbidienza, Dio si fa uomo. Gravissimo era stato il peccato: volersi mettere al posto di Dio e quindi sopra di Dio. Nessun uomo avrebbe potuto riparare l’offesa infinita fatta a Dio. Per questo motivo, Dio non volendo perdere per sempre la sua creatura amata, si fa uomo: perché quello che non era possibile ad un semplice uomo era possibile ad un uomo che non fosse solo uomo, ma anche Dio!

  • Sentimenti di Speranza

Riconosciamo in questo piccolo Bimbo che Maria depone con delicatezza sulla mangiatoia, il Maestro che affascina e trascina dietro di Sé e che già da lì, da questa sua prima cattedra, parla forte forte ai nostri cuori. 

Infinito fu l’atto di superbia dei nostri progenitori, infinita fu l’umiliazione a cui Dio si sottopose spogliando Se stesso della propria gloriosa divinità e apparendo in mezzo a noi piccolo e vero Bambino. Così facendo non solo prende un corpo mortale per riparare al peccato dell’umanità, ma ci mostra anche la strada, il modo per poter diventare Dio come Lui. Infatti se Lui è Dio ed è veramente uomo, anche noi che siamo uomini possiamo diventare, in Lui, come Lui, Dio. Dio, che “è amore” (1Gv 4,8.16) aveva creato l’uomo e la donna “a sua immagine e somiglianza” (Gen 1,26) perché fossero come Lui, amore. Il desiderio di essere come Dio, l’aveva messo Dio stesso nel cuore dell’uomo. L’inganno del nemico fu quello di orientare questo desiderio, di essere come Dio, indirizzandolo verso il potere, verso la forza, il dominio, e non verso l’amore, spronando così i Progenitori a diventare come Dio, ma senza Dio, quindi senza amore. Quale grande inganno in cui continuiamo a cadere: illusi di poter essere dio senza Dio! 

Dopo esserci inginocchiati davanti al presepe riconoscendo in questo piccolo Bimbo il Figlio di Dio, che nel suo corpicino “porta in Sé la pienezza della sua divinità” (Col 2,9), ora sediamoci lì davanti senza fretta e ascoltiamoLo mentre ci parla forte forte al cuore: è “il Maestro” (Gv 13,13) che ci parla, il Maestro dell’amore! Ascoltiamolo! (cf Lc 9,35)

Cosa mai ci vorrà dire Gesù? Parlerà per Lui la nudità di quella grotta, parlerà per Lui quella fredda mangiatoia su cui è posto, parleranno quelle fasce con cui Maria teneramente Lo avvolge, parleranno le sue prime lacrime e i suoi primi sorrisi, e tutto griderà forte forte al nostro cuore facendoci sentire il profumo soave e troppo sconosciuto della semplicità, della povertà, dell’umiltà e sentiremo il desiderio impellente che anche la nostra vita profumi così. Sentiremo il disgusto per i profumi del mondo. Il mondo questo spietato venditore di profumi che ammaliano l’uomo e l’asservono al nulla e al vuoto. Scopriremo di colpo l’inganno e la puzza di cui sono portatori la vanità, la voglia di primeggiare, di essere qualcuno che conti, la voglia di godere, potere, avere. E lì incantati dal dolce profumo della umiltà di questo Bambinello, affascinati da quella estrema sua povertà, conquistati da quell’incantevole atmosfera di serenità e di amore, capiremo meglio e bene ciò che veramente vale nella vita e ciò che invece è da buttare, ciò che devo coltivare e ciò di cui devo disfarmi, ciò che mi fa più vero e ricco e ciò che mi rende falso e vuoto.

Fermiamoci lì a lungo, non andiamo via dalla grotta senza aver riempito la nostra anima del profumo che essa emana e che vorrebbe trasmettersi alle nostre esistenze. Per questo è venuto nel mondo, per trascinarci dietro di Lui, conquistandoci con la dolce forza della bellezza e della verità che traspaiono dalla povertà e umiltà. Un giorno, adulto, questo Bambino ci dirà: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi e imparate da Me che sono mite e umile di cuore e Io vi ristorerò. Perché il mio giogo è dolce e il carico leggero” (Mt 11,28-29). 

Mitezza e umiltà, ecco tracciata per noi la via della vera grandezza, della vera forza, della vera gloria. Dal presepe ascoltiamo la prima predica di Gesù: Volete essere grandi, ma veramente grandi? Volete essere forti, ma veramente forti? Volete essere innalzati e veramente glorificati? Allora siate miti, siate umili, siate cioè piccoli come Io oggi mi mostro a voi. Infatti, Io che sono grande grande –, chi è più grande di Me che sono Dio? – mi sono fatto piccolo piccolo per insegnare a voi la strada per farvi grandi come Me!

  • Sentimenti di Amore

Riconosciamo in questo piccolo Bimbo che Maria consegna con gioia ai pastori e ai Magi, il Folle innamorato di questa povera umanità che consegnerà Se stesso alla morte di Croce per salvarla. Tutto nel presepe grida Amore, incredibile, ineffabile, immenso amore di Dio per noi, per me.

Infatti nasce per me, per me Maria Lo depone in una fredda mangiatoia, per me è lì, per me stende le braccia da quella sua prima culla, per me che mi accosto al mistero del presepe. A chi si ferma davanti al presepe con il cuore pieno di fede, il pensiero rimanda con forza e immediatezza al Calvario e al mistero del suo amore consumato per noi sulla Croce e donatosi anticipatamente nell’Eucaristia:

  • Il luogo dove nasce: Betlemme che in ebraico vuol dire “la casa del pane” e la sua prima culla, la “mangiatoia”, gridano al nostro cuore che Lui è il “Pane vivo disceso dal cielo” (Gv 6,51) che dovrà essere immolato per la nostra salvezza. Quella culla è il primo ciborio, è il primo ostensorio dove l’“Agnello” (Gv 1,29) già si immola per noi, già si consegna a noi per essere mangiato: “Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue non ha la vita… Chi mangia di Me, vivrà per me” (Gv 6,53.57)
  • Quelle fasce, benedette fasce con cui la sua Mamma Lo avvolge nudo, ci proiettano immediatamente a quell’altre fasce con cui sempre Lei, la Mamma, l’avvolgerà nudo, freddo, morto e schiodato dalla Croce e riposto così da Lei nel sepolcro. Fasce che il mattino di Pasqua saranno lì per terra, unico segno, insieme al sudario (Gv 20,6) che ricorderanno che lì Lui era stato deposto morto, ma ora non lo è più!

Ad ogni Natale la Vergine Madre, attraverso la Chiesa, si rivolge a ciascuno di noi e ci invita a prendere in braccio – come i pastori, come i Magi e come ogni uomo e donna che entrò in quella mistica grotta –, Gesù. Lui, piccolo Bambino tende le sue manine a tutti e da tutti vuole essere preso in braccio: è il mistero del Natale! Non è Natale se non prendi in braccio Gesù, se non stringi il suo cuoricino al tuo, se non Lo accarezzi e Lo baci con tenerezza, questo è il Natale. Per questo è nato Gesù, nasce per te, nasce per me: “Ci è stato dato un Bimbo” (cf Is 9,5), è veramente nostro, è veramente mio, è veramente tuo!

Se faremo così, se prenderemo in braccio Gesù, la nostra vita cambierà. Per questo Lui desidera essere preso in braccio! Perché, come continuare ad usare le nostre mani per l’avere, il godere, il potere dopo che L’abbiamo preso in braccio? Come si fa a guardare i suoi occhietti semplici e continuare a insozzarci i nostri sempre più ricolmi di malizia, di cupidigia, di invidia? Come si fa a stringersi al petto Gesù Bambino e continuare a sporcarci il cuore nel fango delle nostre passioni? È una contraddizione esistenziale. Per questo la Vergine Santa insiste ad ogni Natale perché noi Lo prendiamo in braccio!          j.m.j.

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SANTA NATALE – PRIMO SCHEMA

UNA FAMIGLIA SPECIALE

 

 

Carissimi fratelli e sorelle, ogni anno a pochi giorni dal Santo Natale celebriamo la Festa della Santa Famiglia di Nazareth.

Una famiglia speciale, specialissima quella di Nazareth che ha il compito di ricordare a tutte le nostre famiglie quei valori con i quali la famiglia umana si costruisce e si perfeziona.

È  una famiglia speciale, nessuna è o può essere come Lei, ma guardando Lei noi capiamo meglio quello che forse più manca alle nostre famiglie, sempre più fragili, sempre più divise, sempre più luogo di scontro che di comunione, luogo che spesso si fugge più che luogo di desiderato riposo.

Guardiamo a Lei per ritrovare quel pensiero divino che l’ha inventata quando volle che i due non fossero due, ma uno nella donazione reciproca delle proprie persone nell’amore (cfr Gen 2,24).

Guardiamo a Lei, la famiglia di Nazareth, con lo sguardo della fede e della speranza che non si scoraggia di fronte le difficoltà, non si abbatte di fronte a ideali che sembrano superarci, nella fiducia incrollabile in Colui che è troppo buono per farci desiderare cose impossibili e irrealizzabili, ma che solo vuole che noi le desideriamo, ne sentiamo fortemente il fascino per poi donarci quello Spirito Santo a cui “nulla è impossibile” (Lc 1,37) perché possiamo, come Maria, rendere feconde le nostre vite di santità e di gioia e di amore.

Guardiamo dunque a quella piccola casa di Nazareth… cosa vi troviamo?

Vi troviamo il Figlio di Dio, Gesù… e questo Gesù è VERGINE!

Vi troviamo Maria, l’Immacolata, la Tutta Bella… e questa Maria è VERGINE!

Vi troviamo Giuseppe, l’uomo giusto, lo Sposo di Maria… anche lui è VERGINE!

E’ proprio una famiglia speciale, come possiamo paragonarla alle nostre famiglie, come possiamo far sì che diventi modello per la nostra famiglia?

Eppure lo è, certamente lo è… sentiamo nel profondo del nostro cuore che essa ci dice qualcosa, qualcosa di profondo, qualcosa di grande, qualcosa di bello, qualcosa di necessario… ma che cosa?

Spero che lo Spirito Santo mi aiuti a comunicarvi questo qualcosa che ci manca tanto, tanto e che se ritrovato o riscoperto ci permetterà di immettere nelle nostre famiglie, così tanto spesso sbrindellate, una energia nuova di comunione, di luce, di gioia, di amore.

Vedete GesùMaria e Giuseppe con la loro VERGINITA’ ci ricordano come la VERGINITA’ sia non solo qualcosa di bello e di importante, ma di necessario. Ogni uomo e ogni donna che viene al mondo ha in sé una dimensione verginale che va scoperta, maturata, amata.

Certamente la VERGINITA’ di Gesù, di Maria, di Giuseppe ha avuto anche una dimensione di assolutezza e perfezione che non è dato a tutti di avere, ma tutti hanno ricevuto con la vita la chiamata alla VERGINITA’.

Capite bene che quindi non parliamo di una VERGINITA’ meramente FISICA, parliamo di qualcosa di più grande, di più profondo, di più bello ancora che è a fondamento della stessa verginità fisica che priva di questa dimensione interiore e spirituale diventa frustrante e rende la persona acida e insoddisfatta. E se oggi come non mai la verginità fisica non è capita, non è apprezzata, non è vissuta è semplicemente perché si è persa di vista la verginità spirituale.

Abbiamo parlato di questa Verginità nella domenica prima di Natale contemplando l’Annuncio dell’Angelo a Maria, seguendo quanto già detto approfondiamone il significato.

LA PRIMA DIMENSIONE DI VERGINITA’ per ogni persona umana deriva intimamente dal fatto che ogni persona è desiderata, voluta, amata e creata da Dio Padre per mezzo del Verbo nello Spirito Santo per sé. Dio ci ha creati per sé, per entrare in un rapporto intimo, stretto, forte, assoluto d’amore con la SSma Trinità: col Padre, col Figlio e con lo Spirito.

Per questo al di là di ogni comandamento dato all’uomo ce n’è uno primario e fondamentale: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutto il tuo cuore” (Dt 6,5) ogni altra relazione che la persona umana possa realizzare nella sua vita, foss’anche la più bella e significativa, essa dovrà essere sempre secondaria e dipendente da questa primaria e fondamentale: Dio va amato per primo e di più, questa è una necessità per la persona umana che se non ama così Dio non realizza se stessa nella propria umanità. E Dio “è un Dio geloso” (Dt 6,15) che ha sposato la sua creatura creandola e per questo i profeti, quando il popolo santo di Dio si dimenticava di questo amore primario e fondamentale e lo posponeva ad altri amori servendo gli idoli che accarezzavano le loro passioni, rimproveravano il popolo di “aver commesso adulterio” adorando “i loro idoli”(Ez 23,37), per questo motivo il Signore disse al suo profeta Osea: "Va', prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di prostituzione, poiché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore" (Os 1,2). Gli ebrei avevano capito bene questo ed è proprio per questo che hanno conservato come libro sacro, riconoscendolo come ispirato il Cantico dei Cantici, dove si canta l’amore di un uomo e di una donna, perché per ogni buon ebreo Dio, il Padre, è lo Sposo d’Israele.

Questa prima dimensione di verginità deriva dal nostro essere creati dal Padre per Lui per entrare in un rapporto intimo, assoluto, reciproco di amore con Lui che ci ha sposato creandoci, per cui la scelta assoluta e primaria di Lui e della sua Legge, anche a costo della propria vita, quella legge iscritta nel più profondo di ogni nostra singola cellula è una condizione necessaria perché la persona umana realizzi le altre relazioni di cui è intessuta la propria esistenza, prima tra esse quella coniugale, sponsale. 

Guardiamo questa relazione intima col Padre così come l’hanno realizzata Gesù, Maria, Giuseppe e gustiamo in questo sguardo la sua profondità, la sua bellezza e la sua totalità.

LA SECONDA DIMENSIONE DI VERGINITA’ della persona umana deriva dal suo essere non solo creata dal Padre, ma anche REDENTA DAL FIGLIO, il Figlio di Dio ha salvato l’umanità peccatrice sposandola nel seno di sua Mamma e ha consumato queste nozze verginali sul Talamo Nuziale della Croce. Il Verbo nel seno di Maria si unisce all’umanità, si fa uomo per sempre, sono le NOZZE, lo sposalizio di Dio con l’umanità, scelta d’amore che si consumerà sul Talamo Nuziale della Croce dove quest’amore avrà la sua massima espressione nella donazione della propria vita, Lui che era la VITA stessa e nessuno poteva toglierla (cfr. Gv 10,18).

Vedete quanto poco ne sanno coloro che dicono che la Chiesa ha idee ristrette sulla sessualità, che mette tabù e paure su questo argomento, quanto sono proprio ignoranti! Pensate la Chiesa ha un’idea così alta, così bella, così positiva, così santa della sessualità umana e dell’atto proprio di essa dell’intimità sessuale coniugale che fa di esso, sì proprio di esso, di quel gesto d’amore che lo sposo e la sposa compiono nella loro intimità dove si donano l’un altro nella completezza delle loro persone con la donazione della loro dimensione spirituale e corporale, ebbene la Chiesa fa della gestualità dell’intimità coniugale il segno, il sacramento niente di meno che della donazione d’amore di Gesù sulla Croce, per cui la Croce viene chiamata “TALAMO NUZIALE DI GESU’ CRISTO”talamo nuzialetalamo nuziale… cioè la Croce è il “letto degli sposi”, il letto dove lo sposo e la sposa consumano il loro matrimonio nell’esercizio della loro sessualità. E questa sarebbe la Chiesa bigotta? 

Qui ci sarebbe tanto da dire sulla santità del matrimonio e dei suoi atti propri, ma lascio a voi uno studio più approfondito, spero di avervi stuzzicato abbastanza l’appetito.

Carissimi, Gesù ha sposato l’umanità, ha sposato la sua Chiesa e Paolo ben dirà ai suoi fedeli di Corinto “provo per voi una specie di gelosia divina avendovi promessi ad un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo” (2Cor 11,2). 

Gesù, dunque, è lo Sposo di tutti i battezzati che sono chiamati ad avere per Lui un amore primario, fondamentale e assoluto che non può essere postposto ad altri amori pur belli e onesti, Lui stesso su questo punto è stato chiarissimo: “Chi ama qualcuno più di me, non è degno di me!” (cfr Mt 10,37). Essere cristiani è un fatto d’amore, di un amore che impone di dare tutto, anche la vita per Lui, perché Lui tutto si è dato a noi (cfr. Gal 2,20). 

«Perciò il martirio, col quale il discepolo è reso simile al suo maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e col quale diventa simile a lui nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa come dono insigne e suprema prova di carità. Ché se a pochi è concesso, tutti però devono essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce durante le persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa» (CV2 – LG 42).  Si tratta quindi non di un massimo di santità per qualcuno, ma di un minimo per tutti, cioè, o io oggi sono pronto, se necessario a dare anche la mia vita per Gesù Cristo, o non si capisce bene che cristiano io sia.

Un amore quindi più grande di quello per il marito, per la moglie e se così non è i coniugi non possono dirsi veramente cristiani anche se battezzati, anche se sposati in Chiesa.

Guardiamo ora verso verso Maria e verso Giuseppe, contempliamo e gustiamo i loro amore per il Figlio di Dio, la loro dedizione totale, la loro consacrazione piena alla persona di quel Bambino che in casa loro cresceva e diventava adulto.

LA TERZA DIMENSIONE DI VERGINITA’ del cristiano è nel suo rapporto intimo con Colui che lo ha santificato e lo santifica attimo per attimo, lo Spirito Santo. Il cristiano cammina, vive sotto la spinta dello Spirito Santo (cfr Rm 8,4; Gal 5,25). In intima unione con lo Spirito Santo ogni cristiano è chiamato a vivere la vita intima della Trinità di "Dio" che "è Amore" (1Gv 4,8.16), Gesù ci ha detto che se noi lo amiamo, “Lui e il Padre” prenderanno dimora presso di noi (cfr Gv 14,23). Lo Spirito Santo è nell’eterna comunione trinitaria proprio tutto l’Amore del Padre e del Figlio, il Padre e il Figlio venendo a dimorare in noi si amano in noi e attraverso noi nello Spirito Santo che ci viene donato e noi partecipiamo così della vita stessa di Dio, di DIO AMORE TRINITARIO.

Tutto l’Amore del Padre e del Figlio viene quindi riversato su di noi (cfr Rm 5,5) per cui noi diventiamo capaci di un amore divino, non più solamente umano, ma divino, diventiamo capaci di amare come il Padre ama il Figlio, diventiamo capaci di amare come il Figlio ama il Padre perché il loro stesso sostanziale Amore viene riversato in noi.

Lo Spirito realizza perciò il perfezionamento del nostro essere creato ad immagine di Dio (cfr Gen 1,26-27), poiché “Dio è Amore” (1Gv 4,8.16) noi diventiamo come Lui, Lui è Amore sussistente, noi diventiamo Amore per partecipazione. Ci viene donata la capacità di amare come ama Dio, il suo stesso Amore diventa il nostro, con Lui, in Lui e per mezzo di Lui amiamo il Padre, il Figlio, lo Spirito e tutte le altre persone che incrociano il nostro cammino di ogni giorno.

Guardiamo Gesù, guardiamo Maria, guardiamo Giuseppe che si amano così, che amano così di quell’Amore che non chiede possesso, ma donazione, non chiede altro che consegnarsi, donarsi, arrendersi, quell’Amore che sa inchinarsi, sa lavare i piedi; sa servire; quell’Amore che sa comprendere, sa sopportare, sa perdonare; quell’Amore che sa essere forte, fermo, costante, fedele; quell’Amore che sa dare la vita, un amore che sa morire, perché “non c’è amore più grande di questo: dare la vita per chi si ama” (cfr Gv 15,13) 

Un amore che non sa far questo è un amore fasullo, da quattro soldi, effimero, forse condito di tanto sentimento ma di poca verità.

Ecco, carissimi, che bello se tutti noi ci fondassimo e ci costruissimo come persone su questa triplice relazione essenziale d’amore con Dio che ci “ha amato per primo” (1Gv 4,19)… che belle che sarebbero le nostre famiglie, che aria di paradiso si respirerebbe… che amore di esperimenterebbe… utopia, sogno, ideale irrealizzabile? Sì, se non abbiamo fede, se non abbiamo speranza. Realtà realizzabile se abbiamo un pochino di fede e di speranza e incominciamo anche a metterle fuori nella nostra vita di ogni giorno. 

Il Signore ci doni l’esperienza del suo Amore che tocchi i nostri cuori in profondità e consapevoli di essere amati di un amore straordinario incominciamo anche noi ad amare così come lo siamo noi da Dio e sarà un mondo nuovo, sarà il mondo di Dio dove l’unico valore, l’unica legge è amare come Lui che ci ha amato fino a dare la sua vita per noi.  Amen.

j.m.j

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SECONDA DOMENICA DI NATALE – PRIMO SCHEMA

“E POSÒ LA SUA TENDA IN MEZZO A NOI”

 

 

Carissimi fratelli e sorelle, celebriamo oggi la Seconda Domenica di Natale. Questa domenica è messa in mezzo alle altre festività natalizie senza caratteristiche proprie particolari. Infatti la prima domenica dopo Natale si celebra la Festa della Santa Famiglia, poi c’è il 1° dell’Anno con Maria Madre di Dio, quindi l’Epifania e la domenica seguente all’Epifania la Festa del Battesimo di Gesù.

Una domenica quindi che ha la caratteristica di una pacata, serena contemplazione del Mistero del Natale. Come prima lettura abbiamo il Libro della Siracide con quel testo anticipatore dell’Incarnazione dove si dice che la Sapienza pose la sua tenda in mezzo al popolo d’Israele, il Vangelo che è quello solenne del giorno di Natale dove Giovanni ci conduce in alto, in alto nei cieli dove il Verbo è una cosa sola col Padre e poi ci porta in basso, in basso, sulla terra perché quel Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi per permettere a noi di diventare come Lui figli dello stesso Padre. E della figliolanza divina parla pure san Paolo nella seconda lettura dove ci rivela che proprio in Lui, in Gesù, il Verbo incarnato, che ciascuno di noi è stato scelto, voluto e amato dal Padre prima della stessa creazione del mondo.

Vorrei in questa omelia, guardando questo Bambinello che Maria dà a Giuseppe, ai Pastori, ai Magi, questo Fanciullo divino che cresce e diventa Adulto nella casa di Nazaret imparando da Giuseppe l’arte del falegname, guardando Gesù vorrei introdurvi in profondità nel mistero di cui Egli è portatore.

Innanzi tutto permettetimi un chiarimento sul termine MISTERO di cui parla la stessa lettera agli Efesini (Ef 1,9). Quando nell’ambito teologico-biblico diciamo questa parola non intendiamo quello che comunemente s’intende e cioè qualcosa di segreto, di nascosto, di non conoscibile. Mistero nella Bibbia è qualcosa che appartiene al mondo di Dio e che Dio fa conoscere. Quindi Mistero ha una duplice dimensione: rivelazione e inconoscibilità. 

  1. in quanto Dio ce lo rivela noi lo possiamo conoscere; 
  2. in quanto appartiene al mondo di Dio non potrà mai essere pienamente conosciuto.

Il mistero per eccellenza è la PERSONA DI GESU’ CRISTO, mistero per eccellenza perché in Lui c’è la massima rivelazione di Dio. Ecco, di questo vi vorrei parlare, di GESU’ RIVELATORE. Gesù ci rivela Dio e ce lo rivela come PADRE.

Gesù è essenzialmente RIVELATORE DEL PADRE e RIVELATORE DELL’UOMO.

Questo Bimbo che Maria oggi allatta a Betlemme, che cresce a Nazareth, che lavora come operaio nella bottega di Giuseppe, che a trent’anni percorrerà le vie della Palestina fino all’aspra salita del Monte Calvario, questo Gesù è venuto dunque a parlarci di Dio.

Questa è la grande rivelazione che attua Gesù Cristo: mostrarci il vero volto di Dio, Dio è Padre, o meglio ancora Dio è suo Padre. Egli ha pienamente coscienza di questo e a 12 anni inizia il suo ministero di rivelatore quando a Maria che addolorata gli chiedeva: “Figlio perché ci hai fatto questo? Tuo padre ed io angosciati ti cercavamo” rispose “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”(Lc 2,48-49). Con questa frase afferma così il primato del rapporto intimo con Dio Padre di ogni persona umana, primato anche sul rapporto genitori-figli. Quanto devono essere rispettosi i genitori nei confronti di questo rapporto che il loro figlio, la loro figlia ha con Dio Padre. Ogni persona deve prima di tutto occuparsi delle “cose del Padre suo”. Compito dei genitori sarà aiutare i figli ad aprirsi con sempre maggiore fiducia verso questo Dio.

Mi ricordo mio papà, buon’anima, aveva sempre desiderato per me, unico figlio maschio, una divisa da ufficiale qualunque arma, ma una divisa d’ufficiale per suo figlio era il suo sogno. Potete immaginare quando gli dissi che entravo in seminario come ci rimase, ma non mosse un dito per impedirmelo, anzi mi pagò la retta mensile. E così. Lui che non era affatto un frequentatore di chiese, di fronte alla vocazione di suo figlio seppe mettersi in ginocchio, da parte, accettando umilmente altri disegni su di me.

L’amore vero non soffoca mai la persona, ma la lascia libera.

Poi quando comincerà a predicare il suo Vangelo, Gesù parlerà con commozione ed entusiasmo di questo Dio che è nostro Padre, che ci guarda con amore, che ascolta attento le nostre preghiere, che conosce tutto di noi, conosce pure il numero dei nostri capelli e il suo amore per noi non può neanche lontanamente paragonarsi a quello che Egli ha per le altre sue creature: “Voi valete di più – dirà – e se non è nascosta a Lui la sorte dei passeri venduti al mercato, ricordatevi che voi valete di più, valete di più di di molti passeri”(cfr. Mt 5-7)Questo Padre che è buono, così buono da far risplendere il suo sole su tutti, giusti e ingiusti, che fa scendere la sua pioggia su tutti, buoni e cattivi (cfr. Mt 5-7)

Questo Padre che è buono e perdona, perdona sempre chi si pente, che attende con ansia che il peccatore ritorni nella sua casa e già da lontano gli corre incontro per abbracciarlo (cfr. Lc 15).

Gesù rivela tutto questo non solo con le sue parole, ma anche con tutta la sua persona, tutto quello che Egli fa rivela il Padre, perché come dirà Lui stesso a Filippo, “chi vede Lui vede il Padre” (cfr. Gv 14,9).

 

Ma nella sua persona Gesù ci rivela anche l’UOMO, Lui è l’UOMO per eccellenza, per questo il titolo preferito da Gesù con il quale indicò più volte se stesso fu “Il Figlio dell’uomo” (cfr. solo in nel Vangelo di Marco: Mc 2,10.28; 8,31.38; 9,9.12; 10,33; 13,26; 14,21a.21b.41.62 ).

Lui è il Figlio dell’Uomo che ci mostra in se stesso il vero volto dell’UOMO, guardando Gesù assimiliamo i veri valori su cui ogni uomo dovrebbe fondare la propria esistenza per essere veramente umana e che Lui stesso ha sintetizzato e promulgato nel discorso della Montagna: Le Beatitudini (cfr. Mt 5,1-12).

 

Ma vorrei fermarvi con voi a riflettere su un aspetto particolare di questo suo essere rivelatore dell’UOMO.

Gesù non è solo rivelatore dell’UOMO in genere, nel senso che in Lui ogni uomo può trovare quei valori su cui fondare la propria vita, non è Rivelatore solo in questo senso generale, ma anche nel senso particolare riferito ad ogni persona umana.

Cioè ogni persona umana, uomo o donna che sia, guardando Gesù, entrando nel suo Cuore, nei suoi sentimenti, nei suoi affetti, nel suo modo di essere e di relazionarsi ha una rivelazione particolare di ciò che è chiamato ad essere lui stesso o lei stessa.

Infatti, come ben ci ha detto Paolo nella seconda lettura ciascuno di noi è stato scelto, voluto, amato dal Padre prima della stessa creazione del mondo in LUI, in Gesù Cristo. In Gesù Cristo quindi si trova la mia vera identità personale, in Gesù Cristo si trova la verità su me stesso, su chi sono veramente io.

 

Quanto più noi guardiamo Gesù e lo guardiamo in profondità, Egli ci fa entrare in noi stessi, con la sua misericordia ci fa scendere in basso in basso e poi ci eleva in alto in alto. Noi spesso non andiamo verso l’alto perché abbiamo paura prima di scendere in basso in basso.

Vedete, noi non conosceremo mai noi stessi guardando noi stessi, sforzandoci di esaminare noi stessi, sforzandoci di fare introspezione o esami di coscienza. No, non ci conosceremo mai così.

Io comincerò a conoscermi nella verità solo quando comincerò a guardare verso Gesù, guardarlo in profondità, sarà lo sguardo verso di Lui che farà emergere dal fondo della mia anima la mia verità.

Sarà guardano i suoi occhi, il suo sguardo bello, dolce, ricco di compassione, di amore, di benevolenza che emergeranno dal fondo della mia anima i miei sguardi maliziosi, i miei sguardi pieni di gelosia, d’invidia, di tornaconto, di cattiveria e comincerò a sentire il desiderio che i miei occhi diventino come gli occhi di Gesù, che il mio sguardo diventi come lo sguardo di Gesù, che il mio cuore diventi come il Cuore di Gesù.

Incontrandomi con Gesù – e vedete bene che non basta l’incontro domenicale, occorre un incontro personale voluto, desiderato e attuato – incomincerò a sentire il fascino, la bellezza, il profumo divino della persona di Gesù (cfr. Ct 1,3-4; 2Cor 2,14-15) e quanto più lo guarderò quanto più quello sguardo su di Lui mi farà immergere nelle profondità più nascoste di me, lì dove nascono i desideri cattivi, lì dove sorge la malizia, lì dove hanno le loro sorgenti i nostri vizi nascosti. La sua bellezza sarà la luce di Dio che mi permetterà di vedere con chiarezza la mia verità e la sua misericordia mi darà la forza di sopportare tale deprimente vista. 

Piano piano guardando Gesù, comincerò a penetrare in quello sguardo che Gesù morente d’amore lanciò dalla croce su di me, quello sguardo ricco di compassione e di misericordia con cui mi guardò mentre moriva e comincerò a guardarmi in Lui e Lui mi insegnerà a guardarmi nello sguardo del Padre, quello sguardo con cui il Padre mi guardò quando mi inventò nella sua fantasia e mi creò nel suo Cuore prima della stessa creazione del mondo, quello sguardo con cui mi guardò quando mi creò attrarverso quel gesto d’amore di mia mamma e di mio papà, quello sguardo che non ha mai cessato di inseguirmi lungo la mia esistenza.

Ecco allora immerso in questo sguardo eterno del Padre e nello sguardo di Gesù Crocifisso per me che impariamo a scoprire la nostra vera autentica identità personale, la nostra vocazione personale. Vocazione personale non nel senso ciò che siamo chiamati a fare: sposarsi o meno, farsi prete o suore, no. Vocazione personale nel senso di ciò che siamo chiamati ad essere, la nostra personalità in Cristo. Si tratta della scoperta meravigliosa di quella pietruzza su cui il Padre ha inciso un nome nuovo (cfr. Ap 2,17; 3,12; 19,12-13; Is 56,5; 62,2; 65,15), il mio, e che Gesù mi ha consegnato nel Battesimo, ma che solo questo sguardo d’amore verso di Lui mi rivela: è il mio nome nuovo.

Ognuno di noi ha un nome nuovo, scritto dal Padre nel suo cuore, quale gioia scoprirlo, quale gioia viverlo.

Ecco, allora, carissimi fratelli e sorelle, il mio invito che è l'invito della Chiesa: guardate verso Gesù, fermate il vostro sguardo su di Lui, guardatelo spesso e a lungo. 

Scopriamo o riscopriamo l'importanza e la bellezza di una lettura personale, affettuosa del santo Vangelo. Corriamo dietro il suo profumo olezzante come la sposa innamorata del Cantico dei Cantici (cfr. Ct 1,1-4), lasciamoci attrarre dal suo fascino, lasciamoci conquistare, afferrare da Lui (cfr Fil 3,13) e allora sarà tutto diverso, perché saremo diversi noi, dentro, saremo diversi dentro, perché avremo scoperto la nostra vera identità, il nostro nome nuovo, il nostro cuore nuovo (cfr. Ez 11,19), avremo capito che siamo stati generati da Dio, dal suo Amore, che siamo figli suoi, figli amati, amati di un amore troppo grande per essere ricambiato abbastanza. 

Amen.           j.m.j.

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SECONDA DOEMNICA DI NATALE – SECONDO SCHEMA

“Il più bello tra i figli degli uomini”

Carissimi fratelli e sorelle, celebriamo oggi la Seconda Domenica di Natale. Questa domenica è messa in mezzo alle altre festività natalizie senza caratteristiche proprie particolari. Infatti la prima domenica dopo Natale si celebra la Festa della Santa Famiglia, poi c’è il 1° dell’Anno con Maria Madre di Dio, quindi l’Epifania e la domenica seguente all’Epifania la Festa del Battesimo di Gesù con cui chiudiamo il ciclo natalizio per aprirci a quello del Tempo Ordinario.

Una domenica quindi che ha la caratteristica di una pacata, serena contemplazione del Mistero del Natale. Come prima lettura abbiamo il Libro del Siracide con quel testo anticipatore dell’Incarnazione dove si dice che la Sapienza pose la sua tenda in mezzo al popolo d’Israele, il Vangelo che è quello solenne del giorno di Natale dove Giovanni ci conduce in alto, in alto nei cieli dove il Verbo è una cosa sola col Padre e poi ci porta in basso, in basso, sulla terra perché quel “Verbo si fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi” per permettere a noi di diventare come Lui figli dello stesso Padre. E della figliolanza divina parla pure san Paolo nella seconda lettura dove ci rivela che proprio in Lui, in Gesù, il Verbo incarnato, che ciascuno di noi è stato scelto, voluto e amato dal Padre prima della stessa creazione del mondo.

Ricchi di questa fede entriamo nella grotta per innescare nel nostro cuore l’amore. L’amore infatti sgorga, cresce ed esplode solo in seguito alla conoscenza. Dalla conoscenza procede il fascino, la seduzione della volontà che si proietta con il desiderio verso tutto ciò che le piace e apprezza come bello e quindi buono per lei. 

Creati da Dio per amarLo e con Lui amare ogni cosa bella, giusta, vera, buona, gli uomini, in seguito al peccato originale esperimentano la “confusione”, hanno perso la spontaneità della conoscenza del bene, del bello, del giusto, del vero. Fanno fatica e si confondono e questo perché spesso vengono così attratti e conquistati da qualche aspetto positivo che colgono in qualcosa, da non vedere più gli aspetti negativi. Si tenga sempre presente che difficilmente qualcosa è totalmente e assolutamente negativa, quasi sempre è frammischiata con qualche cosa di positivo ed è l’attrazione della volontà verso questo qualcosa di buono o positivo che poi annebbia la sua vista riguardo gli altri eventuali aspetti negativi o maliziosi. Infatti quando desideriamo qualcosa, quanto più forte è il nostro desiderio, quanto più questo desiderio offusca e abbaglia il nostro intelletto che cerca di farci intendere che quanto stiamo desiderando sia tutto bello, buono, giusto, vero e anche santo. E così si può arrivare ad autogiustificarsi di tutto il male possibile e immaginabile, solo perché si è stati sedotti e conquistati da un suo parziale ed effimero aspetto positivo.

Per questo non bastò a Dio per salvare gli uomini, dar loro in modo esplicito e chiaro una legge che li aiutasse a capire ciò che è bene e ciò che non lo è, occorreva anche che gli uomini fossero aiutati mostrando loro qualcosa che potesse conquistarli, affascinarli e attirarli massimamente vero il bene, disincantando e disilludendo ogni possibile altra attrazione verso ogni altro falso bene. Occorreva dunque che gli uomini s’incontrassero con qual-cosa di talmente bello che illuminasse talmente l’intelligenza da permetter loro di distinguere con chiarezza tut-to ciò che buono, giusto, vero non fosse. Questo “qualcosa”, non è qualcosa, ma “ Qualcuno”è Gesù Cristo!

Lasciamoci attirare dalla bellezza del Figlio di Dio (cf Sal 45,3; Gv 6,44; Mt 3,17; 17,5; Ct 1,4), abbiamo bisogno della contemplazione della bellezza per recuperare il nostro senso morale. Abbiamo bisogno di contemplare qualcosa di veramente e totalmente bello per disintossicarci da tanto luridume che ci sporca nell’intimo e inquina la nostra stessa coscienza.

Dobbiamo recuperare il senso del bello per recuperare il senso del buono, del giusto, del vero, del santo, perché Dio è bello, la verità è bella, la bontà è bella, la giustizia è bella, la santità è bella! Non è un caso che ai bambini, per far capire che una cosa non è buona, diciamo “non è bello”. L’uomo moderno scombussolato profondamente nella sua cognizione dei valori sta svuotandosi inevitabilmente del senso della bellezza. Ma questa sensibilità alla bellezza non si può perdere del tutto, si può inquinare, ma non perdere del tutto perché essa è radicata profondamente nel nostro essere che è stato creato da Dio, “Bellezza eterna” come “molto bello” (Gen 1,31) e ha sempre nell’intimo una profonda nostalgia di bellezza, per cui quando la persona si trova davanti qualcosa di veramente “bello” non può non rimanerne attratta, affascinata, conquistata e sedotta. E chi è, dunque, più seducente di Dio “Bellezza eterna”? E, quindi, chi è più “bello” di Gesù Cristo “nel quale abita corporalmente la pienezza della divinità” (Col 2,9), Lui che “è il più bello tra i figli degli uomini” (Sal 45,3)?

Per questo il nostro sforzo di cristiani che hanno ricevuto la missione di evangelizzare il mondo, deve mirare a far sì che le persone che incontriamo siano tutte sollecitate a cercare Gesù, a fermarsi con Gesù, a stare con Gesù, a guardare Gesù, ad ascoltare Gesù, e da lì che poi inevitabilmente nascerà il desiderio di ragionare come Gesù, vivere come Gesù, amare come Gesù, per essere “belli” come è “bello” Gesù, e quindi “mangiare” Gesù per diventare Gesù e non essere altro che Gesù (cf Gal 2,20). 

Entriamo così nella grotta di Betlemme e lasciamo che il nostro cuore venga sedotto, conquistato, afferrato (cf Fil 3,12; Ger 20,7; Ct 1,4) dalla bellezza divina di Gesù. È “Piccolo Piccolo”, ancora non parla ma parlano per Lui le pareti fredde di quella grotta, parlano per Lui quelle fasce con cui è avvolto, parla per Lui la paglia, parla Lui stesso mentre è attaccato al seno della sua Mamma e ne succhia il latte, parla mentre piange nella mangiatoia, parla mentre se ne sta lì protendendo le sue piccole manine desideroso di esser preso in braccio da qualcuno…, dalla Mamma…, da Giuseppe…, dai pastori…, dai Magi…, da noi…, da me… e anche da te! Tutto parla e chiede amore!

Se avesse voluto, il Padre poteva conquistarci a Lui mostrandoci un raggio della sua gloriosa potenza, non l’ha fatto perché volendo da noi amore, sapeva bene che esso non si coniuga con la forza e la potenza, ma solo con la tenerezza, per questo ci ha donato suo Figlio (cf Gv 3,16) attraverso il Quale Egli ci manifesta e ci fa toccare tutta la tenerezza del suo immenso amore! 

L’amore rende deboli e piccoli e tale si è reso Dio per mostrarci quanto ci ami: eccoLo lì piccolo e debole Bimbo bisognoso di tutto, che chiede una casa, un letto, che chiede attenzione e affetto, che chiede il latte e due braccia che Lo stringano al petto!

Quanta bellezza in quella grotta! Quanta luce in quella grotta! Quanta luce che illumina la nostra mente che comincia a conoscere l’Amore e ad innamorarsi così dell’Amore. Stiamo lì dentro un bel po’, non usciamo subito, lasciamo che la nostra mente s’impregni per bene di questa luce, lasciamo che il nostro cuore venga attratto da questa luce e conquistato e afferrato da questa luce sappia dissipare ogni tenebra dalla propria anima: “Venne nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo…” (Gv 1,9).

Usciamo da questa grotta portandoci nel cuore questa luce, essa brilli e risplenda sui nostri occhi, sui nostri volti e li renda talmente luminosi che tutti possano accorgersi che abbiamo visto e incontrato Gesù (cf Es 34,29-30); usciamo da questa grotta portandoci nel cuore questo amore, esso esploda nella nostra vita e la renda bella, vera, buona, giusta, santa (cf Lc 12,49); usciamo da questa grotta portandoci con noi Gesù, Maria ce Lo ha consegnato e ora che L’abbiamo preso in braccio, Lui non vuole staccarsi più, vuole stare con noi, vuol venire a casa nostra a far festa con noi (cf Lc 19,5).

Concludo questa omelia con un bellissimo aneddoto natalizio che ho letto proprio in questi giorni:

C'ERA UNA VOLTA UN UOMO CHE NON CREDEVA NEL NATALE. 

Era una persona fedele e generosa con la sua famiglia e corretta nel rapporto con gli altri, però non credeva che Dio si fosse fatto uomo come, secondo quanto afferma la Chiesa, è successo a Natale. Era troppo sincero per far vedere una fede che non aveva. "Mi dispiace molto, disse una volta a sua moglie che era una credente molto fervorosa, però non riesco a capire che Dio si sia fatto uomo; non ha senso per me". 

Una notte di Natale, sua moglie e i figli andarono in chiesa per la messa di mezzanotte. Lui non volle accompagnarli. "Se andassi con voi mi sentirei un ipocrita. Preferisco restare a casa. Vi starò aspettando". Poco dopo la famiglia uscì mentre iniziò a nevicare. Si avvicinò alla finestra e vide come il vento soffiava sempre più forte. "Se è Natale, pensò, meglio che sia bianco". Tornò alla sua poltrona vicino al fuoco e cominciò a leggere un giornale. 

Poco dopo venne interrotto da un rumore seguito da un altro e subito da altri. Pensò che qualcuno stesse tirando delle palle di neve sulla finestra della sala da pranzo. Uscì per andare a vedere e vide alcuni passerotti feriti, buttati sulla neve. La tormenta li aveva colti di sorpresa e, per la disperazione di trovare un rifugio, avevano cercato inutilmente di attraversare i vetri della finestra. "Non posso permettere che queste povere creature muoiano di freddo… però come posso aiutarli?" 

Pensò che la stalla dove si trovava il cavallo dei figli sarebbe stato un buon rifugio, velocemente si mise la giacca, gli stivali di gomma e camminò sulla neve fino ad arrivare nella stalla, spalancò le porte e accese la luce. Però i passerotti non entrano. 

"Forse il cibo li attirerà", pensò. Tornò a casa per prendere delle briciole di pane e le disseminò sulla neve facendo un piccolo cammino fino alla stalla. Si angustió nel vedere che gli uccelli ignoravano le briciole e continuavano a muovere le ali disperatamente sulla neve. Cercò di spingerle in stalla camminando intorno a loro e agitando le braccia. Si dispersero nelle diverse parti meno verso il caldo e illuminato rifugio. 

"Mi vedono come un estraneo e che fa paura”, pensò. "Non mi viene in mente nulla perché possano fidarsi di me… Se solo potessi trasformarmi in uccello per pochi minuti, forse riuscirei a salvarli". 

In quel momento le campane della chiesa cominciarono a suonare. L'uomo restò immobile, in silenzio, ascoltando il suono gioioso che annunciava il Natale. Allora si inginocchiò sulla neve: "Ora si, capisco, sussurrò. Ora vedo perché hai dovuto fare tutto questo!".  (Com. Miss. Villaregia – Omelia 4-1-04)

Carissimi fratelli e sorelle, potessimo anche noi aver capito questo! È questa la grazia del Natale: lo stupore commosso di sapersi immensamente e teneramente amati da Dio. La Vergine santa che per prima s’incontrò con questo Amore e che ha ricevuto dal Padre la missione di consegnarLo all’umanità, ci aiuti a custodirLo gelosamente nel nostro cuore con stupore e commozione (cf Lc 2,19). Amen.                         j.m.j.

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MARIA MADRE DI DIO – PRIMO SCHEMA

“E TROVARONO MARIA E GIUSEPPE E IL BAMBINO!”

 

 

Carissimi fratelli e sorelle,

iniziamo questo nuovo anno, dono del Signore, come ormai consuetudine della Chiesa, guardando Maria e la sua divina maternità. Maria Madre di Dio che dona al mondo il Salvatore di tutti, con Lei preghiamo il Padre che doni a questo mondo la pace. Guardiamo Maria e chiediamo allo Spirito Santo che ci introduca in una profonda e autentica devozione verso la Gran Madre di Dio e Madre nostra.

L'esperienza della maternità nella donna è certamente una delle esperienze più significative, più forti, più spirituali che un essere umano possa avere. Una nuova vita che pulsa in te, un piccolo essere che ogni giorno diventa più grande, che cresce e cresce in te. Una piccola creatura indifesa, totalmente affidata a te, alle tue cure, al tuo amore, al tuo affetto. Ha bisogno di te per vivere, la sua vita è legata alla tua, prende il nutrimento da te, ogni tua emozione ha un'eco in lei.

La maternità umana è certamente la più alta tra le esperienze umane e in quanto tale è un'altissima esperienza spirituale. Forse è per questo che la donna è più portata per la vita spirituale che l'uomo, l'esperienza della maternità non può non segnarla in profondità.

Che mistero la nascita di un nuovo piccolo essere umano! E' una cosa così grande, così bella!

Ma la maternità di Maria è qualcosa che va al di là di questa grandezza e bellezza, perché quel piccolo essere che Lei concepisce e che in Lei prende i lineamenti di uomo è il Figlio di Dio. Per questo cosa voglia dire essere "mamma" è cosa difficile spiegare, è un mistero, ma cosa vuol dire essere "Mamma di Dio" è un mistero talmente grande che ci vengono le vertigini (san Massimiliano Maria Kolbe).

Lei genera nel tempo Colui che è senza tempo. Lei può chiamare il Verbo nello stesso modo in cui Lo chiama il Padre: «Figlio mio!»

 

Di fronte a questa grandezza di mistero una certa teologia del passato vedeva in questo privilegio di Maria la sorgente di tutta la sua grandezza e bellezza, di tutti i doni da Lei ricevuti dal buon Dio, di tutti i suoi privilegi. La maternità di Maria era visto come il principio teologico fondamentale che permette di introdursi nel mistero di Maria. Questo però diede occasione di presentare una visione di Maria alta, eterea, grandiosa, ma forse un po' troppo distante dalla nostra vita di ogni giorno dove invece Maria dovrebbe essere più presente.

Una riflessione teologica più recente invece vede il principio teologico fondamentale per la comprensione del mistero di Maria non più nella sua maternità divina, bensì nella sua VERGINITA', verginità intesa essenzialmente come la sua disponibilità totale a Dio, come la sua apertura assoluta a Dio, come la sua accoglienza perfetta di Dio nella sua vita.

Maria dunque non è Vergine perché doveva essere Madre, ma diventa Madre perché Vergine e prima ancora di concepire il Verbo Divino nel suo grembo Lo aveva già concepito nel suo Cuore.

Cioè la Verginità di Maria non è un qualcosa che Maria ha ricevuto in regalo dal Signore perché doveva diventare la Madre di Dio, ma Lei diventa la Madre di Dio appunto perché VERGINE. In altre parole, la Verginità di Maria non è causata dal fatto che Lei avrebbe dovuto concepire e partorire il Dio incarnato, ma Lei concepisce e partorisce il Verbo Incarnato proprio perché Vergine, la Verginità è quindi causa della fecondità divina di Maria! È grande questo mistero!

Il principio teologico fondamentale per la comprensione del mistero di Maria è la sua VERGINITA' e questo approfondimento avvicina tanto Maria a noi e alla nostra vita di ogni giorno perché nessuno potrà mai più dare al mondo il Verbo fatto carne, ma tutti noi possiamo e dobbiamo essere Vergini e diventare quindi fecondi del Verbo nel nostro spirito, nell’intimo della nostra persona dove “Lui deve crescere e noi diminuire”(Gv 3,30)

Per questo quando un giorno, questo Bambino che Maria oggi porge ai pastori, un giorno predicando lungo le strade della Palestina, Lo chiameranno dicendo: «Fuori c'è tua mamma con i tuoi parenti», Lui dirà: «I miei parenti veri non sono loro. Mia fratello, mia sorella e madre è chi ascolta la parola del Padre mio e l'osserva» (cfr. Mt 12,46ss). Qui il Figlio della Vergine ci mostra la vera grandezza di Maria e ci addita la sua Verginità, cioè il suo essere stata Colei che ha ascoltato e aderito alla volontà del Padre. E quando quella donna del popolo lo benedisse dicendo: «Beato il ventre che ti ha portato e il seno che ti ha allattato», Lui dirà: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e l'osservano» (Lc 11,27-28).

Maria ci è vicina quindi con la sua VERGINITA' perché tutti noi possiamo diventare VERGINI come Lei aprendoci come lei con amore alla volontà del Padre su di noi. A Lei dunque noi andiamo per comprendere e vivere la Verginità, la nostra apertura e disponibilità totale alla parola di Dio.

Cerchiamo di entrare in profondità nel Mistero dell'Incarnazione, cos'è accaduto? 

Per mezzo di Maria

  • l'Invisibile per essenza diventa Visibile
  • l'Irragiungibile si lasca abbracciare
  • Dio si spoglia della gloria della sua divinità per vestirsi della nostra povertà umana

Noi abitualmente leggiamo questo evento alla luce dell'"Emanuele" del "Dio con noi", del Dio che si fa vicino, dato che prima era impossibile vederlo, ora che in Gesù noi vediamo il Padre . (cfr. Gv 14,9) diciamo anche che Dio si è fatto vicino a noi, in realtà – mistero del paradosso – con l'Incarnazione Dio crea con la sua creatura umana una distanza che prima non c'era! Difficilmente pensiamo a questo, difficilmente meditiamo questo ed è per questo che non capiamo in profondità la Maternità di Maria e ne cogliamo solo l'aspetto esteriore eclatante, ma ci lasciamo sfuggire l'aspetto interiore più profondo e più importante ancora del fatto che il suo ovulo sia stato fecondato dallo Spirito Santo.

Cerchiamo di capire: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono l'unico Dio che sussiste nelle loro Tre Persone, la Trinità SSma ha creato ogni cosa e ogni cosa esiste perché il Padre l'ha creato per mezzo del Figlio nello Spirito Santo, la Trinità opera tutto così: Il Padre fa tutto per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo. Il Padre genera il Figlio dall'eternità e dall'eternità Lo ama, lo sguardo d'amore con cui il Padre guarda compiaciuto il Figlio e lo sguardo d'amore con cui il Figlio guarda estasiato il Padre è la Persona divina dello Spirito Santo. Ora, i Tre non solo sono all'origine dell'esistenza di tutto ciò che esiste, ma anche sono presenti in ogni cosa che esiste con la loro potenza che sostenta ogni cosa: "Come potrebbe sussistere una cosa se tu non vuoi?" (Sap 11,25) per cui Dio Trinità è presente in ogni cosa perché ogni cosa in Dio vive, si muove ed esiste (cfr At 17,28). Per questo il Figlio con il Padre e il loro Santo Spirito d'Amore sono sempre presenti nell'intimo del più intimo di ogni cosa e quindi anche della persona umana.

Prendendo forma umana il Figlio ha quindi creato una distanza tra noi e Lui che prima non c'era, ma ha creato questa distanza perché noi scoprissimo quella presenza più intima nel nostro intimo.

Ora, attenti, questa presenza intima nell'intimo della sua creatura è universale, ogni creatura è portatrice di questa presenza, per questo noi possiamo cogliere la presenza di Dio in tutte le creature, ma nella persona umana questa presenza non è solo una presenza di potenza che fa esistere e mantiene all'esistenza, ma è anche una presenza di amore, di relazione d'amore. L'uomo è stato creato da Dio per tessere una intima relazione d'amore con Lui.

La persona umana entra in questa intima relazione d'amore con lui attraverso la porta della FEDE, infatti "senza la fede è impossibile essere graditi a Dio" (Eb 11,6) la Fede apre la persona alla ricerca e all'ascolto di Dio e della sua volontà, la persona che accoglie con apertura e disponibilità la volontà di Dio su di lei inizia la relazione intima d'amore con la Trinità: lo Spirito Santo rende questa persona umana feconda del Verbo, del Figlio.

Ecco perché diciamo che Maria concepì il Verbo prima nella mente e quindi nella carne, diciamo cioè che il Figlio era in Lei presente nella sua divinità prima ancora che lo fosse nella sua umanità assunta, presente non semplicemente di una presenza di potenza che sostiene l'essere, ma presente di una presenza di amore, di intima amicizia. Per cui il Figlio non cresceva solo fisicamente nel seno di Maria e poi nella sua casa di Nazareth, ma cresceva anche nel cuore di Maria con la sua presenza di grazia, per cui Maria camminò lungo il sentiero delle fede e maturò in essa una conoscenza sempre più profonda e amorosa del Figlio che in Lei si rendeva sempre più presente nella sua anima. 

Ora se noi ci limitiamo ad ammirare Maria solo per la generazione secondo la carne del Figlio di Dio non abbiamo ancora capito il segreto di Maria, la sua grandezza, la sua dignità che consiste nell'aver generato in sé il Figlio nella sua anima prima ancora che nel suo ventre.

Occorre che facciamo il passaggio da una conoscenza carnale di Gesù e del suo vangelo (cfr. 2Cor 5,16) ad una conoscenza spirituale più profonda. 

Si tratta di comprendere come l'annuncio della salvezza non è semplicemente annunciare Cristo, ma «Cristo in voi!» questo è il mistero nascosto (cfr. Col 1,27). Essere cristiani non è tanto seguire Qualcuno, ma permettere a Qualcuno di vivere in noi e attraverso noi salvare questa umanità.

Prima della sua Passione Gesù dirà ai suoi che è un bene che Lui ritorni al Padre perché altrimenti non verrà lo Spirito Santo (cfr. Gv 16,7) e prima di ascendere al cielo dirà: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Se Gesù dopo la resurrezione fosse rimasto per sempre in mezzo a noi, noi saremmo rimasti ancora legati a Gesù per una conoscenza secondo la carne (cfr. 2Cor 5,16), è per questo che è asceso al cielo e non lo vediamo più, per permetterci una conoscenza spirituale di Lui.

Chiediamo dunque a Maria, nostra Maestra Spirituale, che ci insegni ad aprirci come Lei allo Spirito per poter avere la gioia dell'esperienza di diventare come Lei, fecondi di Dio per generarLo al mondo attraverso una vita santa.

Amen.

j.m.j.

 

MARIA MADRE DI DIO – SECONDO SCHEMA

 

“E TROVARONO MARIA E GIUSEPPE E IL BAMBINO!”

 

 

Carissimi fratelli e sorelle,

celebriamo con gioia oggi Maria Madre di Dio affidando così al suo sguardo materno tutto questo nuovo anno che si apre a noi in questo giorno.

È il titolo più alto, più prestigioso, più sublime con cui chiamiamo Maria: Madre di Dio.

Ci volle un Concilio per poterlo fare senza paura e difficoltà. Infatti alcuni pensavano che non si potesse chiamare così la Vergine di Nazareth perché Dio non può avere una madre, non può essere generato nel tempo. L’unica generazione in seno all’intimità di Dio è quella del Verbo eternamente generato dal Padre: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre.

Così diversi pensavano che non si dovesse chiamare Maria Madre di Dio, ma semmai Madre del Cristo, Madre di Gesù, la Chiesa però reagì a questa paura e proclamò solennemente Maria Madre di Dio nel Concilio di Efeso del 431 che ebbe come protagonista e grande araldo e difensore della maternità divina di Maria san Cirillo di Alessandria.

Ma cosa si nascondeva nel timore e nel rifiuto di chiamare Maria Madre di Dio? E perché la Chiesa reagì con tanta forza verso coloro che non ammettevano questo titolo mariano?

La motivazione era dovuta al fatto che era in gioco la FEDE, la fede nel mistero della Persona di Gesù Cristo, infatti se Maria non si poteva chiamare Madre di Dio, significava che Gesù Cristo non era Dio.

Toccare Maria significa inevitabilmente toccare il mistero del suo Figlio Gesù Cristo, Maria infatti è la Custode del mistero che si racchiude nel suo Figlio.

Non volevano che si chiamasse Maria Madre di Dio perché non riconoscevano Gesù Cristo come Dio. Ne parlavano come un grande personaggio, santo, profeta, giusto nel quale era venuto ad abitare il Verbo, il Figlio di Dio cioè abitava nel figlio di Maria, ma non era il figlio di Maria. Un po’ quello che è successo a ciascuno di noi dopo aver ricevuto il santo Battesimo: la grazia di Dio ci comunica una presenza intima del Figlio di Dio, del Verbo, noi poi con il cammino cristiano di fede, speranza e carità ci conformiamo e trasformiamo sempre più nel Figlio di Dio, ma rimanendo sempre “noi stessi” e “Lui” in noi: due persone, la nostra persona umana e la sua divina.

Ecco, affermavano più o meno questo anche di Gesù: un grande uomo, ma non era Dio, Dio era in lui, sì, ma non era lui, in lui così ci sarebbero state due persone: quella del Figlio di Dio e quella dell’uomo Gesù.

Ma vorrei che ci chiedessimo perché costoro con a capo un certo Nestorio non ammettevano la divinità di Gesù e perché la Chiesa ci tenne e ci tiene così tanto a che questa verità di fede non venga sminuita o falsata.

Non credevano alla divinità di Gesù Cristo perché questa verità non è spiegabile razionalmente, la mente umana non la capisce e quindi è portata a rifiutarla, tutto sarebbe più semplice e comprensibile se Gesù non fosse Dio. Come spiegare che questo Bambino che Maria avvolge in fasce è Dio? Da quando in qua Dio si lascia fasciare? E poi… questo Bambino che cresce e si sviluppa come uomo adulto (cfr. Lc 2,40): ma Dio non cresce né diminuisce, Dio è perfettamente immutabile, come può mutare? Inoltre questo Gesù si fa mettere le mani addosso, incatenare, sputacchiare, sbeffeggiare, inchiodare ad un legno… se fosse stato Dio non avrebbero potuto fare tutto questo: Dio è invincibile. E poi morire! Se fosse stato veramente Dio doveva scendere dalla croce (cfr. Mt 27,40) e spezzare le ginocchia a tutti quanti, e invece Gesù muore vinto e sconfitto: Dio non può morire, è eterno! Se Gesù fosse veramente Dio significherebbe che è tutta la sua passione e morte è stata una finzione, significherebbe che è tutta una commedia perché Lui non può aver veramente sofferto perché Dio non può soffrire, se Gesù ha sofferto ed è veramente morto, ne consegue che non può essere Dio.

Allora vedete che affermare che Maria non è Madre di Dio, ma Madre di Gesù rende tutto più semplice alla nostra limitata intelligenza umana affermando che Gesù ha veramente sofferto, che è stato un grande sant’uomo, un profeta attraverso il quale Dio ha parlato, ma che non era Dio.

Ma non è così. In Gesù non ci sono due persone, una umana e una divina, Lui è l’unica Persona del Figlio di Dio che in Maria ha assunto una natura umana. L’ovulo di Maria fecondato dallo Spirito Santo rende presente il Figlio di Dio in una vera umanità assunta.

È vero che Dio è immutabile, che non può soffrire, che nessuno può avvolgere in fasce, Dio in se stesso è così, ma Dio ha voluto, in una follia d’amore per la sua creatura, uscire fuori di sé e subire quello che in quanto Dio non poteva subire: sofferenza, umiliazione, morte e tutti i limiti della natura umana, di ogni uomo che nel suo nascere, crescere, maturare e morire, ha bisogno di una famiglia, di una mamma da cui prendere il latte, di un papà che lo difenda (cfr. Mt 2,14), ha bisogno di affetto, di amici (cfr. Gv 11,5), di sentirsi amato da qualcuno che gli stia vicino nei momenti di difficoltà (cfr. Mt 26,38) e che l’accompagni nel momento della morte (cfr. Gv 19,25), di qualcuno che abbia cura del suo corpo morto e che lo seppellisca quando muore (cfr. Gv 19,38-42).

Dio ha voluto poter esperimentare tutto questo spogliandosi della sua veste di Dio per prendere il nostro povero vestito di uomini (cfr. Fil 2,7) e vivere così come noi, uomo come noi, soffrire come noi, anzi più di noi perché soffrire da parte di una persona umana è un conto, ma soffrire da parte di una Persona Divina è un altro conto: si tratta di una sofferenza infinitamente trascendente e superiore ad ogni sofferenza umana possibile. In più Egli scelse per sé quelle sofferenze che l’umanità del tempo in cui volle nascere riservavano per coloro che ritenevano essere i più grandi malfattori e morire così come l’ultimo degli uomini in mezzo alla derisione di tutti, Lui Dio! Sì, Dio ha sofferto, la passione di Gesù non è stata una commedia, né Gesù è stato una controfigura di Dio, ma Gesù è Dio che tutto questo ha voluto subire per salvare l’umanità dal di dentro e poterle mendicarle amore. Sì, l’immenso amore che Dio ci porta Lo ha reso così fragile da farsi uomo per mendicarci amore!

Se Gesù non fosse stato Dio non poteva salvare l’umanità, l’umanità continuerebbe ad essere nel peccato, perché nessun uomo avrebbe mai potuto riparare l’offesa fatta a Dio, Gesù ci salva perché è veramente uomo e veramente Dio. 

Maria è custode di tutto questo mistero nel quale siamo tutti coinvolti, Lei ben sa che Lui è il Figlio Dio perché non l’ha avuto da uomo! Carissimi fratelli e sorelle, guardando oggi Maria Madre di Dio siamo invitati e stimolati dallo Spirito Santo a diversi atteggiamenti.

Il primo è quello di un grande senso di ringraziamento a Dio per la Chiesa che come Maria custodisce il mistero di Gesù, custodisce la VERITÀ su Gesù. Purtroppo uno degli atteggiamenti più comunemente diffusi nei cristiani moderni è un disinteresse verso le verità del nostro CREDO: ma sì, che importa se Gesù è Dio o un grande uomo dove abita Dio, l’importante è che ci vogliamo bene, l’importante è credere in qualcosa che poi tu lo chiami Gesù Cristo e un altro Budda… l’importante è che non ci facciamo esplodere con qualche bomba per questo… A che serve la verità? E chi può assicurarmi di essere nella verità? Non è forse vero che questo è un atteggiamento molto diffuso? Atteggiamento che porta poi a non tener conto di nessuna indicazione della Chiesa su quanto riguarda il contenuto della fede, la disciplina dei sacramenti e la vita morale. Ognuno vuol essere libero di pensare, credere e fare quello che gli pare senza che nessuno possa dirgli nulla in nome della libertà della propria coscienza di credente. Ma ci sarebbe da vedere se si tratta di coscienza o di incoscienza, di una coscienza cioè di un cristiano che ha rinunciato alla verità per l’opinione, che magari continua ogni domenica a recitare il Credo con le labbra, ma non con il cuore avendo optato per una fede personale che l’autogiustifica scusandolo dei suoi attaccamenti, ma non la salva per nulla, perché solo “la verità ci fa liberi” (Gv 8,32), non certo un comodo “secondo me”. Carissimi fratelli e sorelle chiudere la porta ad un simile atteggiamento è importante. Vedete, la conversione a Dio, al vero Dio per essere vera, autentica non può essere semplice conversione del nostro cuore, dei nostri sentimenti, occorre che questa conversione sia fondata ed edificata sulla conversione della nostra mente, della nostra intelligenza che deve inchinarsi e assoggettarsi alla verità di Dio. Se la nostra intelligenza non fa questo, la nostra conversione è molto dubbia e noi siamo un po’ come Ponzio Pilato, che snobbando la verità (cfr. Gv 18,38) finì non solo ad acconsentire a crocifiggere la “Verità” (Gv 14,6) ingiustamente, ma di più La fece anche flagellare! (Cfr. Gv 19,1).

Allora, oggi Maria Madre di Dio ricorda a tutti noi l’importanza del catechismo, l’importanza cioè di possedere nel nostro cuore non solo un sincero sentimento di amore, ma anche un forte attaccamento alla verità su questo Bambino e su quanto è necessario sapere e vivere per salvarsi, su quanto Lui ci ha insegnato e che la Chiesa custodisce nel DEPOSITO DELLA NOSTRA FEDE. Abbiamo un anno davanti prendiamo in questo nuovo anno l’impegno di conoscere di più il mistero di Gesù e di diventare un cristiano adulto, una cristiana adulta che sa in Chi crede e cosa crede e che sa rispondere a chi gli chiede o le chiede ragione della propria fede (cfr. 1Pt 3,15).

Un secondo atteggiamento che questa festa di Maria speriamo susciti maggiormente nel nostro intimo è un grande, immenso senso di stupore, di meraviglia che mi sconvolga il cuore e la mente in profondità: questo Bambino che Maria avvolge in fasce e pone in una mangiatoia, questo Bambino che Lei allatta al suo seno immacolato, questo Bambino che Lei porge a Giuseppe, ai pastori e ai magi, questo Bambino è Dio venuto a soffrire e morire per me! Come tutto cambia quando la nostra vita viene illuminata da questa fede. Come i pastori ritornano al loro gregge e alla loro vita di sempre, ma sono cambiati nel loro intimo perché si sono incontrati con quel Bambino, hanno visto, preso in braccio e baciato quel Bambino, non sono più gli stessi, la loro vita è diversa perché loro sono diversi! Così avvenga anche in noi che oggi riceviamo come i pastori lo stesso Bambino, il Figlio di Dio e Figlio di Maria, Lo riceviamo attraverso la mediazione della Chiesa che estendendo nel tempo la maternità divina di Maria ci porge lo stesso Bambino Gesù nei suoi Sacramenti dove quel Bambino si lascia toccare e prendere in braccio nel santo Battesimo, ci ristringe al suo cuore nella santa Confessione e ci bacia nella santa Comunione.

Un terzo atteggiamento che Maria Madre di Dio oggi vuole stimolare in noi porgendo a ciascuno di noi quel Bambino che tiene in braccio, è un grande senso di speranza, di ottimismo, di fiducia verso questo nuovo anno che oggi si apre, perché questo Bambino ci ha rivelato il senso profondo della nostra esistenza e quindi del tempo che scorre, che passa e non ritorna e che trova in Lui il suo senso profondo. La nostra vita ha un senso perché questo Bambino è venuto ad annunciarci che siamo amati da Dio perché siamo suoi figli in Lui e in Lui ci ha pensati, desiderati e creati. Per questo guardando Lui e accostandoci sempre più a Lui scopriamo la nostra vera identità e il nostro autentico volto personale.

E, infine, atteggiamenti e sentimenti di pace. Questo Bambino che prende il latte dalla Vergine è la nostra pace, nasce, vive, muore e risorge per donarci la pace, l’intima pace di saperci perdonati dal Padre che ci ha talmente amati da regalarci suo Figlio; la pace fraterna che siamo chiamati da questo Bambino a regalare sempre e comunque ai nostri fratelli così come Lui ci ha insegnato soprattutto perdonando coloro che l’avevano condannato e inchiodato (cfr. Lc 23,34); la pace che invochiamo sul nostro povero mondo implorando che finalmente questo Bambino venga accolto e riconosciuto da tutti come l’Unico che possa insegnarci la via della pace!              Amen.                                            j.m.j.

 
MARIA MADRE DI DIO – TERZO SCHEMA

VERGINE E MADRE 

Carissimi fratelli e sorelle,

iniziamo questo nuovo anno, dono del Signore, come ormai consuetudine della Chiesa, guardando Maria e la sua divina maternità. Maria Madre di Dio che dona al mondo il Salvatore di tutti e con Lei imploriamo il Padre che doni a questo mondo martoriato la pace (prima lettura). Guardiamo Maria e chiediamo allo Spirito Santo che ci introduca in una profonda e autentica devozione verso la Gran Madre di Dio e Madre nostra.

L'esperienza della maternità nella donna è certamente una delle esperienze più significative, più forti, più spirituali che un essere umano possa avere. Una nuova vita che pulsa in te, un piccolo essere che ogni giorno diventa più grande, che cresce e cresce in te. Una piccola creatura indifesa, totalmente affidata a te, alle tue cure, al tuo amore, al tuo affetto. Ha bisogno di te per vivere, la sua vita è legata alla tua, prende il nutrimento da te, ogni tua emozione ha un'eco in lei.

La maternità è certamente la più alta tra le esperienze umane e in quanto tale è un'altissima esperienza spirituale. Forse è per questo che la donna è più portata per la vita spirituale che l'uomo, l'esperienza della maternità non può non segnarla in profondità.

Che mistero la nascita di un nuovo piccolo essere umano! È una cosa così grande, così bella!

Ma la maternità di Maria è qualcosa che va al di là di questa grandezza e bellezza, perché quel piccolo essere che Lei concepisce e che in Lei prende i lineamenti di uomo è il Figlio di Dio. Per questo, cosa voglia dire essere "mamma" è cosa difficile spiegare, è un mistero, ma cosa vuol dire essere “Mamma di Dio” è un mistero talmente grande che ci vengono le vertigini (san Massimiliano Maria Kolbe).

Lei genera nel tempo Colui che è senza tempo. Lei può chiamare il Verbo nello stesso modo in cui Lo chiama il Padre: «Figlio mio!»

Di fronte a questa grandezza di mistero, una certa teologia del passato vedeva in questo privilegio di Maria la sorgente di tutta la sua grandezza e bellezza, di tutti i doni da Lei ricevuti dal buon Dio, di tutti i suoi privilegi. La maternità di Maria era vista come il principio teologico fondamentale che permetteva di introdursi nel mistero di Maria. Questo però diede occasione di presentare una visione di Maria alta, eterea, grandiosa, ma forse un po' troppo distante dalla nostra vita di ogni giorno, dove invece Maria dovrebbe essere più presente.

Una riflessione teologica più recente, invece, vede il principio teologico fondamentale per la comprensione del mistero di Maria, non più nella sua maternità divina, bensì nella sua VERGINITÀ, verginità intesa essenzialmente non tanto nel suo aspetto materiale e fisico, bensì nel suo aspetto spirituale profondo riflesso nel suo atteggiamento interiore di completa, assoluta e piena disponibilità a Dio e alle sue istanze nella propria vita. La “verginità spirituale” è proprio questo atteggiamento mariano che ha la sua immagine, la sua icona nel suo “Sì” all’Annunciazione (cf Lc 1,38).

Maria dunque non è Vergine perché doveva essere Madre, ma diventa Madre perché Vergine e prima ancora di concepire il Verbo Divino nel suo grembo Lo aveva già concepito nel suo Cuore. Cioè la Verginità di Maria non è un qualcosa che Maria ha ricevuto in regalo dal Padre perché doveva diventare la Madre del suo Figlio, ma Lei diventa la Madre del Divin Figlio appunto perché VERGINE. In altre parole, la Verginità di Maria non è causata dal fatto che Lei avrebbe dovuto concepire e partorire il Dio incarnato, ma Lei concepisce e partorisce il Verbo Incarnato proprio perché “Vergine”, la verginità è quindi causa della fecondità divina di Maria! È grande questo mistero! 

«Gesù stava parlando alle folle e all’improvviso una persona si precipitò da lui e disse: “Maestro, tua madre e i tuoi fratelli (cioè cugini) ti stanno aspettando fuori e ti cercano”. E Gesù disse. “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Se qualcuno fa la volontà di mio Padre in cielo, questi è mio fratello, mia sorella, mia madre” (Mt 12,46ss). Quale profondità!  

Gesù stava camminando in mezzo alla folla e una donna che aveva visto ed ascoltato Gesù, visto i miracoli che aveva operato e piena di meraviglia per come aveva parlato, fu così presa da esclamare: “Benedetto il grembo che ti ha portato e il seno che hai succhiato”. E Gesù ribatte immediatamente: “Non diremo piuttosto: beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la custodiscono?” (Lc 11,27-28)È  da notare qui che la donna stava lodando e benedicendo la “madre” di Gesù, madre in termini carnali; e Gesù immediatamente ribatte dicendo: “Beati sono piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la custodiscono”. Poteva Gesù mancare di rispetto a sua madre? Così, nel primo caso, quando Gesù dice: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” Egli sta forse offendendo sua madre? Qui c’è un profondo messaggio da parte della parola di Dio. Ben lontano dall’offendere sua Madre, Egli stava prendendoLa e ponendoLa su un piedistallo più alto. Stava dicendo al popolo o a quella donna che benediceva sua madre: “Tu ragioni di Maria come mia madre in termini carnali. La benedici come mia madre perché mi ha portato nel suo grembo e mi ha allattato al suo seno, ma questa è una comprensione carnale della maternità, una maternità semplicemente corporale. Maria è mia madre in una maniera molto più vera, poiché nessuno ha ascoltato la parola di Dio e l’ha custodita come Lei. Nessuno come Lei ha fatto la volontà del Padre celeste”. 

Il modo di relazionarsi con Gesù nel Nuovo Testamento non è mai un relazionarsi di tipo carnale, non è una semplice relazione di carne e di sangue, è una relazione dello Spirito. Noi dobbiamo passare dalla carne allo Spirito se vogliamo capire in maniera vera e profonda la divina maternità di Maria, il suo essere la Madre di Dio. Non possiamo, non dobbiamo rimanere legati e limitati alle categorie puramente corporali e carnali. Certamente Maria è la Madre di Dio, di Gesù secondo il corpo e nella carne, ma noi non riusciamo a scandagliare la profondità della sua maternità rimanendo limitati da questo aspetto».

P. Herberth Alphonso sj – La vera devozione alla Madonna – Conferenza spirituale

Maria con la sua VERGINITÀ è più vicina a noi che per la sua DIVINA MATERNITÀ, perché nessuno di noi potrà mai avere l’esperienza unica che Lei ebbe di concepire il Verbo nella sua carne e rivestirLo di umanità, ma tutti noi possiamo diventare “vergini” nello spirito come Lei, aprendoci come Lei con amore alla volontà del Padre su di noi e possiamo come Lei quindi concepire il Verbo nella nostra anima e permetterGli di manifestarsi al mondo attraverso la nostra povera e sbrindellata umanità. Nessuno di noi potrà mai fasciare il Figlio di Dio e adagiarLo su di una mangiatoia (cf Lc 2,7), ma tutti possiamo avvolgerLo d’amore nel nostro cuore e permetterGli di usarci, di usare la nostra persona per rendersi sensibilmente presente nel mondo: le nostre mani per continuare, Lui, a beneficare tutti; le nostre orecchie per continuare, Lui, ad ascoltare il grido nascosto e silenzioso di chi cerca amore e affetto; i nostri piedi per andare, Lui, incontro alle persone smarrite e bisognose; i nostri occhi per continuare, Lui, a guardare con compassione quest’umanità sempre più ferita e sofferente; il nostro cuore per continuare, Lui, a rendere presente nel mondo un amore più forte dell’odio e della morte. 

È il mistero dell’incarnazione che realizzato in pienezza in Maria viene partecipato ed esteso a tutta l’umanità attraverso la mediazione della Chiesa. La Chiesa, attraverso i sacramenti, estende a tutti i tempi e a tutti gli uomini la divina maternità di Maria. Per questo motivo i sacramenti sono gli strumenti con i quali il buon Dio “verginizza”  in continuazione i suoi figli, rendendoli partecipi della generazione d’Amore del Verbo. 

Maria è nostra Madre e Maestra di vita spirituale, perché con la sua “verginità” perfetta ci aiuta e ci insegna, attraverso la Chiesa, ad essere come Lei, con Lei e in Lei “vergini” che lo Spirito rende fecondi del Verbo.

Duplice è la maternità di Maria nei confronti del Verbo: Lei esperimentò una maternità spirituale e una maternità fisica. Con la sua fede amorosa Maria concepì il Verbo nella mente e all’Annunciazione nella carne. Il Figlio così crebbe non solo fisicamente come embrione – feto – bimbo – fanciullo – uomo adulto, in Maria e accanto a Lei dopo che Lo partorì, ma crebbe anche spiritualmente in Lei con la sua presenza di grazia attraverso il suo cammino di fede e d’amore.

Ora se noi ci limitiamo ad ammirare Maria solo per la generazione secondo la carne del Figlio di Dio, non abbiamo ancora capito il segreto della grandezza di Maria che è stato quello di aver sempre fatto con amore e gioia la volontà del Padre generando così il Verbo nel suo cuore per generazione d’amore.

Occorre che noi facciamo il passaggio da una conoscenza carnale di Gesù e del suo Vangelo (cfr. 2Cor 5,16) ad una conoscenza spirituale più profonda. Si tratta di comprendere come l'annuncio della salvezza non è semplicemente annunciare Gesù Cristo, ma «Gesù Cristo in noi!» questo è il mistero nascosto (cfr. Col 1,27). Essere cristiani non è tanto seguire Qualcuno, ma permettere a Qualcuno di vivere in noi e attraverso noi salvare questa umanità.

Prima della sua Passione Gesù dirà ai suoi che è un bene che Lui ritorni al Padre perché altrimenti non verrà lo Spirito Santo (cfr. Gv 16,7) e prima di ascendere al cielo dirà: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Se Gesù dopo la resurrezione fosse rimasto per sempre in mezzo a noi, noi saremmo rimasti ancora legati a Gesù per una conoscenza secondo la carne (cfr. 2Cor 5,16), è per questo che è asceso al cielo e non Lo vediamo più: per permetterci una conoscenza spirituale di Lui e adorare così, in Lui, con Lui e per Lui, il Padre che con Lui e nello Spirito ha preso la sua dimora in noi che abbiamo conosciuto e amato Lui (cf Gv 14,15-21).

Chiediamo dunque a Maria, nostra Maestra Spirituale, che ci insegni ad aprirci come Lei allo Spirito per poter avere la gioia dell'esperienza di diventare come Lei, fecondi di Dio per generazione d’amore e partorirLo al mondo attraverso una vita santa.

Amen.

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j.m.j.

 

 

MARIA MADRE DI DIO – QUARTO SCHEMA

MARIA, MADRE DI DIO

Carissimi fratelli e sorelle, 

iniziamo questo nuovo anno – come consuetudine della Chiesa – mettendoci sotto il manto materno di Maria SSma che oggi celebriamo nella sua prerogativa unica di essere la Mamma del Dio umanato.

Il titolo di Madre di Dio, pone la Vergine in altezze così sublimi che non possono – se ci riflettiamo bene – non provocarci le vertigini (S. Massimiliano Kolbe). In Lei, infatti, “il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,14)! Intrinsecamente legata al mistero dell’Incarnazione che la introduce nel vortice della SSma Trinità, intimamente associata nel tempo alla generazione eterna del Figlio che in Lei viene generato come uomo dallo stesso Spirito che fonde il Padre e il Figlio nell’unico Amore Trinitario.

In Lei si realizza pienamente quello sposalizio di Dio con l’umanità che nella storia del popolo d’Israele ebbe una sua preparazione e prefigurazione (cf Ez 16). È Lei la Sposa tutta bella del suo Diletto del Cantico dei Cantici. Maria corrisponde pienamente a tutte le attese di Dio e Dio in Lei realizzerà di trascendere se stesso. Infatti ogni cosa è e non può non essere ciò che è, in Lei Dio trascende se stesso e diventa ciò che non era, è Dio e diventa uomo, pienamente uomo, non per finta, assume una vera natura umana in un abbassamento abissale di Se Stesso, si spoglia della propria divinità e assume la nostra umanità (cf Fil 2,7) essendo concepito da Maria per opera dello Spirito Santo.

In quanto Dio, avrebbe potuto assumere una vera natura umana senza che fosse concepito da alcuna donna, come l’Adamo primordiale da Lui creato al principio, ma così non volle. Chiediamoci il perché di questa scelta di Dio.

Ha voluto avere una “Mamma” perché se così non fosse stato, noi avremmo sempre sospettato che non fosse un “vero uomo”, ma che avesse solo delle “apparenze umane”, come quando avviene che appaia agli uomini qualche angelo con sembianze umane: si vede l’immagine di un uomo, ma si tratta di un angelo. Non fu così per il Figlio di Dio che non prese le apparenze di un uomo senza esserlo veramente, Egli assunse una vera natura umana, è vero Figlio di Maria. Per questo, con la sua Divina Maternità, la Vergine di Nazareth diventa la custode dell’identità del Figlio: Lei sola sapeva la verità su quel Bimbo che in Lei cresceva, Lei sola sapeva che era il Figlio di Dio e custodiva nel suo cuore questa verità.

È bello oggi, riflettendo sulla divina maternità della Vergine Maria, vedere come ci sia una intima correlazione tra Maria e la Chiesa. Infatti il Figlio di Dio nasce da Maria per essere il “Primogenito di una moltitudine di fratelli” (Rm 8,29) e così “con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (CV2 – Gaudium et spes 22) ed ogni uomo è chiamato nella Chiesa all’unione con Lui per formare con Lui un solo corpo e un solo Spirito: “Noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo” (1Cor 12,13). Gesù Cristo quindi “è il Capo del corpo che è la Chiesa” (Col 1,18) e come il Capo non può stare né pensarsi senza le membra che formano il suo corpo, il corpo non può stare e non può pensarsi senza il Capo, Capo e corpo sono un tutt’uno vivente, animato e unificato dall’unico Spirito.

Dunque Colei che ha generato il Figlio come uomo, generando il Capo genera anche il suo Corpo, per questo noi diciamo che Maria divenendo la Madre del Capo della Chiesa, diventa anche Madre del Corpo, non è possibile infatti che il “corpo” non sia generato dalla stessa Madre: unica è la Madre del Cristo, del Cristo Capo e del suo Corpo che è la Chiesa e questa Madre è Maria:

«Il Figlio di Dio è il primogenito tra molti fratelli; essendo unico per natura, mediante la grazia si è associato molti, perché siano uno solo con lui. Infatti «a quanti l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1, 12). Divenuto perciò figlio dell'uomo, ha fatto diventare figli di Dio molti. Se ne è dunque associati molti, lui che è unico nel suo amore e nel suo potere; ed essi, pur essendo molti per generazione carnale, sono con lui uno solo per generazione divina.

Il Cristo è unico, perché Capo e Corpo formano un tutt'uno. Il Cristo è unico perché è figlio di un unico Dio in cielo e di un'unica madre in terra.

Si hanno insieme molti figli e un solo figlio. Come infatti Capo e membra sono insieme un solo figlio e molti figli, così Maria e la Chiesa sono una sola e molte madri, una sola e molte vergini. Ambedue madri, ambedue vergini, ambedue concepiscono per opera dello Spirito santo senza concupiscenza, ambedue danno al Padre figli senza peccato. Maria senza alcun peccato ha generato al corpo il Capo, la Chiesa nella remissione di tutti i peccati ha partorito al Capo il corpo.

Tutt'e due sono madri di Cristo, ma nessuna delle due genera il tutto senza l'altra.

Perciò giustamente nelle Scritture divinamente ispirate quel ch'è detto in generale della vergine madre Chiesa, s'intende singolarmente della vergine madre Maria; e quel che si dice in modo speciale della vergine madre Maria, va riferito in generale alla vergine madre Chiesa; e quanto si dice d'una delle due, può essere inteso indifferentemente dell'una e dell'altra.

Anche la singola anima fedele può essere considerata come Sposa del Verbo di Dio, madre figlia e sorella di Cristo, vergine e feconda. Viene detto dunque in generale per la Chiesa, in modo speciale per Maria, in particolare anche per l'anima fedele, dalla stessa Sapienza di Dio che è il Verbo del Padre: Fra tutti questi cercai un luogo di riposo e nell'eredità del Signore mi stabili (cfr. Sir 24, 12). Eredità del Signore in modo universale è la Chiesa, in modo speciale Maria, in modo particolare ogni anima fedele. Nel tabernacolo del grembo di Maria Cristo dimorò nove mesi, nel tabernacolo della fede della Chiesa sino alla fine del mondo, nella conoscenza e nell'amore dell'anima fedele per l'eternità» (Beato Isacco della Stella – Uff. del Sabato della II Sett. D’Avvento).

Penso, carissimi fratelli e sorelle, che non possa esserci pensiero migliore all’inizio di un nuovo anno che richiamarci a questa chiamata che abbiamo ricevuto ad essere l’“eredità del Signore…per l’eternità”, per quell’eternità che inizia già nell’oggi che viviamo e che matura nel tempo che scorre e che ci è donato da vivere dalla benevolenza di Dio fino al giorno in cui entreremo pienamente in essa attraversando la soglia di nostra sorella morte.

Gli scenari di miseria, di fame, di guerra, di povertà morale e materiale nei quali è sempre più immersa buona parte dell’umanità anche in questo inizio di anno 2006, ci spronano a guardare con rinnovata fiducia e rinnovato amore verso la nostra Madre del Cielo che ci accompagna misteriosamente, ma realmente in questo nostro pellegrinaggio nel tempo verso l’eternità di Dio, “come segno di sicura speranza e di consolazione” (CV2 – Lumen Gentium 68).

Amen.             J.M.J.

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MARIA MADRE DI DIO – QUINTO SCHEMA

“E TROVARONO MARIA E GIUSEPPE E IL BAMBINO!”

Carissimi fratelli e sorelle,

celebriamo con gioia oggi Maria Madre di Dio affidando così al suo sguardo materno tutto questo nuovo anno che si apre a noi in questo giorno.

È il titolo più alto, più prestigioso, più sublime con cui chiamiamo Maria: Madre di Dio.

Ci volle un Concilio per poterlo fare senza paura e difficoltà. Infatti alcuni pensavano che non si potesse chiamare così la Vergine di Nazareth perché Dio non può avere una madre, non può essere generato nel tempo. L’unica generazione in seno all’intimità di Dio è quella del Verbo eternamente generato dal Padre: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre.

Così diversi pensavano che non si dovesse chiamare Maria Madre di Dio, ma semmai Madre del Cristo, Madre di Gesù, la Chiesa però reagì a questa paura e proclamò solennemente Maria Madre di Dio nel Concilio di Efeso del 431 che ebbe come protagonista e grande araldo e difensore della maternità divina di Maria san Cirillo di Alessandria.

Ma cosa si nascondeva nel timore e nel rifiuto di chiamare Maria Madre di Dio? E perché la Chiesa reagì con tanta forza verso coloro che non ammettevano questo titolo mariano?

La motivazione era dovuta al fatto che era in gioco la FEDE, la fede nel mistero della Persona di Gesù Cristo, infatti se Maria non si poteva chiamare Madre di Dio, significava che Gesù Cristo non era Dio.

Toccare Maria significa inevitabilmente toccare il mistero del suo Figlio Gesù Cristo, Maria infatti è la Custode del mistero che si racchiude nel suo Figlio.

Non volevano che si chiamasse Maria, Madre di Dio perché non riconoscevano Gesù Cristo come Dio. Ne parlavano come un grande personaggio, santo, profeta, giusto nel quale era venuto ad abitare il Verbo, il Figlio di Dio cioè abitava nel figlio di Maria, ma non era il figlio di Maria. Un po’ quello che è successo a ciascuno di noi dopo aver ricevuto il santo Battesimo: la grazia di Dio ci comunica una presenza intima del Figlio di Dio, del Verbo, noi poi con il cammino cristiano di fede, speranza e carità ci conformiamo e trasformiamo sempre più nel Figlio di Dio, ma rimanendo sempre “noi stessi” e “Lui” in noi: due persone, la nostra persona umana e la sua divina.

Ecco, affermavano più o meno questo anche di Gesù: un grande uomo, ma non era Dio, Dio era in lui, sì, ma non era lui, in lui così ci sarebbero state due persone: quella del Figlio di Dio e quella dell’uomo Gesù.

Ma vorrei che ci chiedessimo perché costoro con a capo un certo Nestorio non ammettevano la divinità di Gesù e perché la Chiesa ci tenne e ci tiene così tanto a che questa verità di fede non venga sminuita o falsata.

Non credevano alla divinità di Gesù Cristo perché questa verità non è spiegabile razionalmente, la mente umana non la capisce e quindi è portata a rifiutarla, tutto sarebbe più semplice e comprensibile se Gesù non fosse Dio. Come spiegare che questo Bambino che Maria avvolge in fasce è Dio? Da quando in qua Dio si lascia fasciare? E poi… questo Bambino che cresce e si sviluppa come uomo adulto (cfr. Lc 2,40): ma Dio non cresce né diminuisce, Dio è perfettamente immutabile, come può mutare? Inoltre questo Gesù si fa mettere le mani addosso, incatenare, sputacchiare, sbeffeggiare, inchiodare ad un legno… se fosse stato Dio non avrebbero potuto fare tutto questo: Dio è invincibile. E poi morire! Se fosse stato veramente Dio doveva scendere dalla croce (cfr. Mt 27,40) e spezzare le ginocchia a tutti quanti, e invece Gesù muore vinto e sconfitto: Dio non può morire, è eterno! Se Gesù fosse veramente Dio significherebbe che è tutta la sua passione e morte è stata una finzione, significherebbe che è tutta una commedia perché Lui non può aver veramente sofferto perché Dio non può soffrire, se Gesù ha sofferto ed è veramente morto, ne consegue che non può essere Dio.

Allora vedete che affermare che Maria non è Madre di Dio, ma Madre di Gesù rende tutto più semplice alla nostra limitata intelligenza umana affermando che Gesù ha veramente sofferto, che è stato un grande sant’uomo, un profeta attraverso il quale Dio ha parlato, ma che non era Dio.

Ma non è così! In Gesù non ci sono due persone, una umana e una divina, Lui è l’unica Persona del Figlio di Dio che in Maria ha assunto una natura umana. L’ovulo di Maria fecondato dallo Spirito Santo rende presente il Figlio di Dio in una vera umanità assunta.

È vero che Dio è immutabile, che non può soffrire, che nessuno può avvolgere in fasce, Dio in se stesso è così, ma Dio ha voluto, in una follia d’amore per la sua creatura, uscire fuori di sé e subire quello che in quanto Dio non poteva subire: sofferenza, umiliazione, morte e tutti i limiti della natura umana, di ogni uomo che nel suo nascere, crescere, maturare e morire, ha bisogno di una famiglia, di una mamma da cui prendere il latte, di un papà che lo difenda (cfr. Mt 2,14), ha bisogno di affetto, di amici (cfr. Gv 11,5), di sentirsi amato da qualcuno che gli stia vicino nei momenti di difficoltà (cfr. Mt 26,38) e che l’accompagni nel momento della morte (cfr. Gv 19,25), di qualcuno che abbia cura del suo corpo morto e che lo seppellisca quando muore (cfr. Gv 19,38-42).

Dio ha voluto poter esperimentare tutto questo spogliandosi della sua veste di Dio per prendere il nostro povero vestito di uomini (cfr. Fil 2,7) e vivere così come noi, uomo come noi, soffrire come noi, anzi più di noi perché soffrire da parte di una persona umana è un conto, ma soffrire da parte di una Persona Divina è un altro conto: si tratta di una sofferenza infinitamente trascendente e superiore ad ogni sofferenza umana possibile. In più Egli scelse per sé quelle sofferenze che l’umanità del tempo in cui volle nascere riservavano per coloro che ritenevano essere i più grandi malfattori e morire così come l’ultimo degli uomini in mezzo alla derisione di tutti, Lui Dio! Sì, Dio ha sofferto, la passione di Gesù non è stata una commedia, né Gesù è stato una controfigura di Dio, ma Gesù è Dio che tutto questo ha voluto subire per salvare l’umanità dal di dentro e poterle mendicarle amore. Sì, l’immenso amore che Dio ci porta Lo ha reso così fragile da farsi uomo per mendicarci amore!

Se Gesù non fosse stato Dio non poteva salvare l’umanità, l’umanità continuerebbe ad essere nel peccato, perché nessun uomo avrebbe mai potuto riparare l’offesa fatta a Dio, Gesù ci salva perché è veramente uomo e veramente Dio. 

Maria è custode di tutto questo mistero nel quale siamo tutti coinvolti, Lei ben sa che Lui è il Figlio Dio perché non l’ha avuto da uomo! Carissimi fratelli e sorelle, guardando oggi Maria Madre di Dio siamo invitati e stimolati dallo Spirito Santo a diversi atteggiamenti.

Il primo è quello di un grande senso di ringraziamento a Dio per la Chiesa che come Maria custodisce il mistero di Gesù, custodisce la VERITÀ su Gesù. Purtroppo uno degli atteggiamenti più comunemente diffusi nei cristiani moderni è un disinteresse verso le verità del nostro CREDO: ma sì, che importa se Gesù è Dio o un grande uomo dove abita Dio, l’importante è che ci vogliamo bene, l’importante è credere in qualcosa che poi tu lo chiami Gesù Cristo e un altro Budda… l’importante è che non ci facciamo esplodere con qualche bomba per questo… A che serve la verità? E chi può assicurarmi di essere nella verità? Non è forse vero che questo è un atteggiamento molto diffuso? Atteggiamento che porta poi a non tener conto di nessuna indicazione della Chiesa su quanto riguarda il contenuto della fede, la disciplina dei sacramenti e la vita morale. Ognuno vuol essere libero di pensare, credere e fare quello che gli pare senza che nessuno possa dirgli nulla in nome della libertà della propria coscienza di credente. Ma ci sarebbe da vedere se si tratta di coscienza o di incoscienza, di una coscienza cioè di un cristiano che ha rinunciato alla verità per l’opinione, che magari continua ogni domenica a recitare il Credo con le labbra, ma non con il cuore avendo optato per una fede personale che l’autogiustifica scusandolo dei suoi attaccamenti, ma non la salva per nulla, perché solo “la verità ci fa liberi” (Gv 8,32), non certo un comodo “secondo me”. Carissimi fratelli e sorelle chiudere la porta ad un simile atteggiamento è importante. Vedete, la conversione a Dio, al vero Dio per essere vera, autentica non può essere semplice conversione del nostro cuore, dei nostri sentimenti, occorre che questa conversione sia fondata ed edificata sulla conversione della nostra mente, della nostra intelligenza che deve inchinarsi e assoggettarsi alla verità di Dio. Se la nostra intelligenza non fa questo, la nostra conversione è molto dubbia e noi siamo un po’ come Ponzio Pilato, che snobbando la verità (cfr. Gv 18,38) finì non solo ad acconsentire a crocifiggere la “Verità” (Gv 14,6) ingiustamente, ma di più La fece anche flagellare! (Cfr. Gv 19,1).

Allora, oggi Maria Madre di Dio ricorda a tutti noi l’importanza del catechismo, l’importanza cioè di possedere nel nostro cuore non solo un sincero sentimento di amore, ma anche un forte attaccamento alla verità su questo Bambino e su quanto è necessario sapere e vivere per salvarsi, su quanto Lui ci ha insegnato e che la Chiesa custodisce nel DEPOSITO DELLA NOSTRA FEDE. Abbiamo un anno davanti prendiamo in questo nuovo anno l’impegno di conoscere di più il mistero di Gesù e di diventare un cristiano adulto, una cristiana adulta che sa in Chi crede e cosa crede e che sa rispondere a chi gli chiede o le chiede ragione della propria fede (cfr. 1Pt 3,15).

Un secondo atteggiamento che questa festa di Maria speriamo susciti maggiormente nel nostro intimo è un grande, immenso senso di stupore, di meraviglia che mi sconvolga il cuore e la mente in profondità: questo Bambino che Maria avvolge in fasce e pone in una mangiatoia, questo Bambino che Lei allatta al suo seno immacolato, questo Bambino che Lei porge a Giuseppe, ai pastori e ai magi, questo Bambino è Dio venuto a soffrire e morire per me! Come tutto cambia quando la nostra vita viene illuminata da questa fede. Come i pastori ritornano al loro gregge e alla loro vita di sempre, ma sono cambiati nel loro intimo perché si sono incontrati con quel Bambino, hanno visto, preso in braccio e baciato quel Bambino, non sono più gli stessi, la loro vita è diversa perché loro sono diversi! Così avvenga anche in noi che oggi riceviamo come i pastori lo stesso Bambino, il Figlio di Dio e Figlio di Maria, Lo riceviamo attraverso la mediazione della Chiesa che estendendo nel tempo la maternità divina di Maria, ci porge lo stesso Bambino Gesù nei suoi Sacramenti, dove quel Bambino si lascia toccare e prendere in braccio nel santo Battesimo, ci ristringe al suo Cuore nella santa Confessione e ci bacia nella santa Comunione.

Un terzo atteggiamento che Maria Madre di Dio oggi vuole stimolare in noi porgendo a ciascuno di noi quel Bambino che tiene in braccio, è un grande senso di speranza, di ottimismo, di fiducia verso questo nuovo anno che oggi si apre, perché questo Bambino ci ha rivelato il senso profondo della nostra esistenza e quindi del tempo che scorre, che passa e non ritorna e che trova in Lui il suo senso profondo. La nostra vita ha un senso perché questo Bambino è venuto ad annunciarci che siamo amati da Dio perché siamo suoi figli in Lui e in Lui ci ha pensati, desiderati e creati. Per questo guardando Lui e accostandoci sempre più a Lui scopriamo la nostra vera identità e il nostro autentico volto personale.

E, infine, atteggiamenti e sentimenti di pace. Questo Bambino che prende il latte dalla Vergine è la nostra pace, nasce, vive, muore e risorge per donarci la pace, l’intima pace di saperci perdonati dal Padre che ci ha talmente amati da regalarci suo Figlio; la pace fraterna che siamo chiamati da questo Bambino a regalare sempre e comunque ai nostri fratelli così come Lui ci ha insegnato soprattutto perdonando coloro che l’avevano condannato e inchiodato (cfr. Lc 23,34); la pace che invochiamo sul nostro povero mondo implorando che finalmente questo Bambino venga accolto e riconosciuto da tutti come l’Unico che possa insegnarci la via della pace!              Amen.                                            j.m.j.

 

 

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EPIFANIA DEL SIGNORE – PRIMO SCHEMA

“ABBIAMO VISTO SORGERE LA SUA STELLA!”

 

 

Carissimi fratelli e sorelle, 

celebriamo oggi la solennità dell'Epifania. È  una grande festa della Chiesa, purtroppo svilita ultimamente a Festa della Befana che nulla ha che vedere con essa.

Cerchiamo prima di tutto di entrare nel mistero che celebriamo. Cosa celebra oggi la Chiesa? Oggi celebramo l'EPIFANIA, cioè la "manifestazione", manifestazione di Gesù alle genti tutte. Per capire meglio il significato profondo di questa festività dobbiamo sapere  che la Chiesa oggi – nella sua Liturgia di questo giorno, quindi non solo nella Messa, ma anche nella Liturgia delle ore – celebra tre eventi della vita di Gesù. Infatti, la Chiesa oggi fa memoriale solenne della manifestazione di Gesù ai pagani rappresentati dai Magi a Betlemme; della manifestazione di Gesù agli Ebrei quando i cieli si aprirono e si udì la voce del Padre che diceva: "Tu sei il mio Figlio diletto, in te mi sono compiaciuto"(Mc 1,11) il giorno in cui Giovanni lo battezzò sulle rive del Giordano e la manifestazione di Gesù ai suoi apostoli quando a Cana operò il suo primo miracolo ed essi cominciarono a credere in Lui (Gv 2,11). Nella manifestazione di Gesù, ai pagani, agli ebrei, agli apostoli, noi celebriamo l'invito del Padre, la chiamata del Padre ad ascoltare Gesù, a seguire Gesù, ad aderire a Gesù perché Gesù è il Figlio suo mandato da Lui a salvarci.

Detto questo cerchiamo di approfondire quella pagina del Vangelo di Matteo verso la quale la Chiesa in questa Santa Messa ci chiede di orientare la nostra attenzione: il racconto del cammino dei Magi fino a Betlemme che abbiamo appena devotamente ascoltato.

  1. “Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto una stella e siamo venuti ad adorarlo”………….…            ………………
    Questi misteriosi personaggi che una volta erano particolarmente cari ai fanciulli, personaggi così ricchi di fascino e di mistero nel loro cammino verso la casa di Betlemme rappresentano il cammino di ogni uomo verso la salvezza e quindi verso Gesù Cristo unico Salvatore del mondo. Ogni uomo è invitato ad intraprendere questo cammino, ma – purtroppo – non tutti lo fanno, e così insieme ai Magi oggi viene ricordata un altro personaggio significativo – ma in senso diametralmente opposto – Erode che rappresenta con la sua persona tutti coloro che intraprendono un cammino che non porta alla salvezza, alla vita, alla gioia, ma alla dannazione eterna…………………………………………………………………………………….……………………………….
    I Magi hanno visto una "stella", ma non ne constatano semplicemente l'esistenza, o solo ne misurano il percorso, hanno capito che quella stella era segno di un mistero: la vera storia della persona umana comincia quando comincia a vedere con serietà dentro la realtà che lo circonda, in particolare quando si ferma a riflettere su quella realtà che è se stessa e capisce che dietro c'è un mistero da scoprire. Ogni cosa con cui ci relazioniamo è un mistero, ha una dimensione misteriosa che ci richiama ad uscir fuori di noi stessi per capirne il significato.
     ………….…………………………….…………………………….…………………
    Se c'è una cosa preziosa che oggi sembra aver perso l'umanità è il senso dello stupore, della meraviglia di fronte a qualcosa di grande, di bello. Se ci fermassimo un attimo a riflettere su quanto ci circonda, anche le cose più semplici, più piccole: sentiremmo in fondo al nostro cuore una voce che ci sussurra: “Cercami oltre… cercami oltre…”. Se ci fermassimo a riflettere su noi stessi, su chi noi siamo e perché siamo, sul significato profondo delle nostre gioie che passano, dei nostri dolori che restano, della mia vita che scorre senza fermarsi, sentiremmo una voce che ci sussurra in fondo al nostro cuore: “Cercami oltre… cercami oltre”
    Vai oltre te stesso, insegui la stella. Dio ha donato alla persona umana l'intelligenza perché prima di tutto cercasse Lui. Dio ama giocare a nascondino, ma non per rimanere nascosto, ma per darci la gioia di scoprirlo.
    I Magi lo hanno cercato, hanno lasciato le loro sicurezze e si sono avventurati nel grande viaggio della salvezza ricercando Gesù.
    Come non cercare Dio, cercarlo con tutto il nostro cuore, con tutto il nostro desiderio, con tutto il nostro amore.
    Che piccola persona,  ristretta di mente, meritevole di compassione è quella persona che non cerca Dio.
    ………….…………….
    Vedete esistono tre categorie di persone:
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    A. Quelle che cercano Dio e lo trovano. Queste sono ragionevoli e felici. ………….…………………………….…………………
    B. Quelle che cercano Dio e non lo trovano. Queste sono ragionevoli e non sono felici. ………….…………………
    C. Quelle che non cercano Dio e non lo trovano. Queste sono non ragionevoli e non sono felici
  2. La ricerca è anzitutto interiore, sì, personale sì. È  necessario che inizi così, ma non può maturare così, essa deve aprirsi all'oggettività, a qualcosa di concreto, oggettivo, stabile. Senza questa oggettività la persona è costantemente nel rischio del soggettivismo e cioè di inventarsi lei il significato profondo della realtà, di inventarsi lei il volto di Dio, di un Dio fatto su misura ad uso e consumo proprio e non su misura del vero Dio. Ogni uomo, ogni donna avrebbe la sua opinione, il suo "secondo me" o quella frase tanto ripetuta oggi: "in coscienza"… ma non di quella coscienza che ti mette in discussione, che ti rimprovera, no, no, normalmente si mette in ballo un altro tipo di "coscienza" che non rimprovera mai, ma che scusa sempre. Non basta dire di sentirsi vicini a Dio, bisogna anche esserlo veramente e allora Dio, che si nasconde solo per farsi trovare, ci dona anche quegli strumenti necessari perché non prendiamo cantonate solenni, Dio ci ha donato l'istituzione della Chiesa, quella Chiesa che veniva già prefigurata nel popolo d'Israele che aveva nei suoi sacerdoti la guida morale e religiosa stabilita da Dio.…………………….
    E così quella "stella" porterà i Magi fino a Gerusalemme, ma a Gerusalemme scompare. Scompare perché ora devono chiedere, devono aprirsi agli altri, devono accettare la mediazione dei sacerdoti. Dapprima chiedono alla persona sbagliata, chiedono ad Erode, ma questi chiederà per loro alle persone giuste, ai sacerdoti e saranno loro che indicheranno con sicurezza il luogo dove avrebbero trovato Gesù, non sarà la stella a farli uscire da Gerusalemme, saranno i sacerdoti. Solo dopo che avranno dato retta ai sacerdoti e avranno preso la strada di Betlemme rivedranno la "stella" che li confermerà nella direzione giusta. ……
    Fratelli e sorelle chi dice Cristo sì, la Chiesa no, non ha capito niente. La Chiesa è necessaria per salvaguardarci da un incontro immaginario con Gesù, o anche da un incontro sentimentale fatto tutto di emozioni, emozioni profonde, ma che passano e non un incontro vero, autentico che mi cambia non esteriormente e non per qualche tempo, ma mi cambia dentro e soprattutto cambia la mia vita.
  3. "E trovarono il Bambino con a Maria sua madre": Il vero Gesù è sempre con Lei e Lei ha sempre Gesù da darci. La gioia di Maria è quella di darci Gesù, farcelo conoscere, farcelo amare. 
  4. "Prostratisi lo adorarono". Ogni vero incontro con Gesù porta la persona umana all'adorazione perché è l'incontro con Dio e davanti a Dio ci si mette in ginocchio. Quel Bambino è Dio e davanti a Dio ci si mette in ginocchio. Davanti a Dio la persona si mette in ginocchio. Com'è difficile mettersi in ginocchio, in ginocchio con le ginocchia del mio corpo piegate e, carissimi fratelli e sorelle – ve lo dico con il cuore più che con le labbra – se ancora le artrosi non ci hanno mangiato le cartilagini delle ginocchia, se ancora non abbiamo le artrosi che ci impediscono di inginocchiarci perché non lo facciamo più spesso? Nel segreto della mia stanza dove nessuno mi vede, ma Lui sì, inginocchiamoci e adororiamoLo… Quando entriamo in Chiesa e lo vediamo lì rinchiuso, prigioniero d'amore per noi nel tabernacolo, perché non facciamo una bella genuflessione, fatta bene, fatta con amore, con il ginocchio piegato bene bene fino a terra?… Ma soprattutto – cari fratelli e sorelle – se non abbiamo le artrosi alle ginocchia perché non le pieghiamo per bene e Lo adoriamo quando Lui viene in mezzo a noi per la potenza del suo Spirito e rinnova il suo sacrificio per me, per noi, nella consacrazione del pane e del vino?… Certamente non basta piegare le ginocchia, quello forse è abbastanza facile, occorre anche piegare la mia anima, il mio spirito, tutta la mia persona deve prostrarsi davanti a Lui perché Lui è Dio. 
  5. "E gli offrirono in dono oro, incenso e mirra". Ogni vero incontro con Dio, e Gesù è Dio, si conclude nell'offerta di se stessi e questo, infatti, significano i doni dell'oro, incenso e mirra. …………………………………………………………………………
    Oro: Tu sei il mio Signore: Tu sei Colui che io desidero seguire.……………………………………………………………………
    Incenso: Tu sei il mio Dio: Tu sei Colui che io desidero adorare. …………………………………………………………………
    Mirra: Tu sei Colui che è morto per me: Tu sei Colui che io desidero amare.
  6. E carissimi fratelli e sorelle – concludo – “… per un'altra strada fecero ritorno al loro paese”! È proprio così: dopo aver incontrato Gesù, ma averlo incontrato veramente e non solo con l'immaginazione non si torna più sulla strada vecchia, non si torna più sulla strada dell'“uomo vecchio” (Col 3,9; Rm 6,6; Ef 4,22): la vita cambia e se non cambia è perché ancora non l'abbiamo incontrato, ancora Maria non ha avuto la gioia di metterci questo Bambino tra le braccia.

Ecco, carissimi, l'augurio della Chiesa: che ciascuno di noi possa avere la gioia dei Magi, incontrarsi con Gesù, adorare Gesù, seguire Gesù, amare Gesù ed essere diversi, diversi dentro, diversi fuori con una vita diversa, più bella, più semplice, più profonda, più vera, più ricca di significato e più ricca di amore. 

Amen.                                                         j.m.j.

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EPIFANIA DEL SIGNORE – SECONDO SCHEMA

“Abbiamo visto sorgere la sua stella!”

Carissimi fratelli e sorelle, 

celebriamo oggi la solennità dell'Epifania. Cerchiamo prima di tutto di entrare nel mistero che celebriamo. Cosa celebra oggi la Chiesa? Oggi celebriamo l'EPIFANIA, cioè la "manifestazione", manifestazione di Gesù alle genti tutte. Celebriamo l'invito del Padre, la chiamata del Padre ad ascoltare Gesù, a seguire Gesù, ad aderire a Gesù perché Gesù è il Figlio suo mandato da Lui a salvarci: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo"(Mt 17,5).

Oggi celebriamo il disegno del Padre di fare di tutta l’umanità la sua famiglia, nell’adesione di fede e d’amore al suo Figlio Unigenito. In Gesù Cristo, il Padre chiama ogni uomo a far parte della sua famiglia e i Magi rappresentano le primizie di quest’umanità radunata attorno al Figlio per partecipare della sua figliolanza divina. La loro storia è, per ogni uomo, un modello del viaggio che deve intraprendere per arrivare ad incontrarsi con Gesù, l’unico Salvatore degli uomini (cf 1Tm 2,5; 1Gv 4,14).

Riflettendo su una misteriosa stella essi lasciano il loro paese e le loro sicurezze per cercare il “Re dei Re”, Lo trovano aiutati dalle indicazioni dei sacerdoti, Lo adorano e ritornano alle loro case per altra via.

La stella che brilla: la ricerca interiore

Ogni cosa può diventare una “stella” che mi porta a Gesù. Ogni realtà infatti racchiude un mistero più grande di noi stessi. Una sincera e spassionata ricerca intorno al mistero dell’esistenza non può non portare a Dio e questi a suo Figlio (cf Gv 6,44). Ogni cosa è una “stella” un mistero che mi invita alla ricerca, ad uscir fuori di me per cercare un misterioso “Altro” che si nasconde per essere cercato. Ma per cercarLo devo lasciare le mie sicurezze e avventurarmi alla sua ricerca. 

“Stella” per ciascuno di noi è la nostra stessa vita e ogni circostanza di essa, ma soprattutto le nostre realtà più profonde e intime dove esperimentiamo una sete e una fame insaziabile di vita, di pace, di felicità, di verità, di amore che niente e nessuno quaggiù può colmare e che ci spingono inevitabilmente a cercare quel Qualcuno che unico possa saziarci in pienezza. L’uomo è un cercatore di Dio nato, al punto che quando non cerca più Dio, la sua vita non ha più nessun significato. Nella sua ricerca, l’uomo, ogni volta che si ferma su qualcosa o qualcuno (con la “q” minuscola) sente una voce nel cuore che gli sussurra: “Cercami oltre” ed è proprio in questo andare oltre, non accontentandosi di qualcosa di effimero e parziale che l’uomo realizza la sua vocazione perché tutto è stato creato da Dio perché l’uomo se ne servisse come di una scaletta per giungere a Lui.

Ma pur essendo questa la vocazione dell’uomo, non sono molti coloro che Lo cercano sinceramente. Perché? Per due motivi fondamentali: il primo è che la parte di noi che è sazia, gaudente e pigra blocca la ricerca per la paura di dover cessare di godere ciò di cui usufruisce. La seconda è la paura è di cosa potrai mai dirci o chiederci Dio, una volta che Lo abbiamo trovato.

Si racconta di un Rabbi che un giorno si trovò a guardare dei bambini che giocavano a nascondino e mentre questi giocavano un bambino si accorse che il Rabbi stava piangendo e gli chiese: “Perché piangi, Rabbi?”. Il Rabbi rispose: “Anche Dio si nasconde, come nel vostro gioco, ma non c’è nessuno che si metta a cercarlo”.

La stella scompare: l’istituzione

Non fu un caso che a Gerusalemme la stella scomparve per riapparire più tardi lungo la via per Betlemme, dopo che i sacerdoti avevano già indicato ai Magi dove doveva nascere il Messia. Non finiremo mai di ringraziare il buon Dio di non averci lasciati in balia della nostra ricerca personale, delle nostre opinioni, delle nostre vedute, ma ha voluto che ci fosse un’istituzione, allora il tempio e la sinagoga, oggi la Chiesa, dove si possa trovare qualcuno che ci indichi con esattezza dove si trova Gesù, per non camminare invano, per non fare giri a vuoto, per non perdere tempo.

La finalità della ricerca è quella di ritrovarsi attorno al Signore Gesù come famiglia dei figli di Dio, come popolo in cammino verso il Padre, la ricerca non si conclude dunque in un incontro intimistico con Dio, ma nella gioia di una festa che coinvolge tutta l’umanità. Questo è il disegno del Padre: che tutta l’umanità si ritrovi non semplicemente attorno a Gesù, ma tutta riunificata in Lui.

Erode

Erode rappresenta quelle forze, sempre presenti nel mondo, che contrastano questo disegno di unificazione dell’umanità in Gesù. Erode pensava di Gesù in termini sbagliati credendo che fosse un suo rivale, un pregiudizio questo che lo condurrà alla strage degli innocenti (cf Mt 2,13-18). Guardando Erode, possiamo chiederci quali siano i “pregiudizi” presenti nella nostra società moderna nei confronti di Gesù e del disegno del Padre di unificare l’umanità in Lui. Si possono rilevare due posizioni che non accolgono consapevolmente o inconsapevolmente questo disegno, le quali non cessano di insidiare anche la fede dei cristiani.

La prima è quella di chi ritiene che sia la stessa cosa credere in Gesù Cristo o in Budda o in Maometto, l’importante è credere in qualcosa che poi sia vero o meno ciò che si crede non ha importanza, tanto poi tutti si salvano, anche chi non crede in Gesù Cristo. Questa mentalità, purtroppo, sta dilagando anche in mezzo a chi va a fare la s. Comunione ogni domenica!

È vero che ogni uomo in buona fede a qualunque religione appartenga, se chiede perdono dei suoi peccati e si sforza di fare il bene e fuggire il male, si salverà, ma non si salverà senza Gesù Cristo, perché Gesù Cristo è morto per tutti. Ma la salvezza non è semplicemente aver evitato l’inferno, è molto, molto di più: è pienezza di realizzazione della propria esistenza come figlio di Dio. La salvezza che Gesù ci regala non è vita eterna futura, ma vita eterna e nuova presente. È liberazione dall’errore, dalla menzogna e invito a vivere nella verità e nell’amore. Dio vuole sì “che tutti gli uomini siano salvi”, ma vuole anche che “giugano tutti alla conoscenza della verità” (1Tm 2,4): “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Dio ci ha fatto per la verità e Gesù Cristo è venuto a rendere testimonianza della verità (cf Gv 18,37). Chi mette sullo stesso piano Gesù Cristo e Budda, è un po’ come Pilato che disinteressato alla verità, volendo salvare la vita di Gesù, finì non solo per lasciarLo crocifiggere, ma in più Lo fece anche flagellare (cf Gv 18,38-19,1). Cioè non si può dirsi cristiani e nello stesso tempo non credere in Gesù unica “Via, Verità e Vita” (Gv 14,6) del mondo, se il “Gesù” che noi crediamo non è questo non è il vero Gesù, ma quello della mia immaginazione e certamente quello lì non salva nessuno, neanche me!

La seconda posizione è rappresentata dal movimento culturale in atto globalmente che cerca una certa unità tra le persone su un comune consenso attorno a qualche valore condiviso. Certamente questo sforzo ha molti aspetti positivi ed è vero che come cristiani dobbiamo anche cercare ciò che ci unisce a chi cristiano non lo è, ma questo mai senza dimenticarci di essere cristiani e del dovere che abbiamo di annunciare Gesù “in ogni occasione opportuna e non opportuna” (cf 2Tm 4,2). Il rispetto degli altri e delle loro idee non deve mai giungere fino al punto che non rispettiamo più noi stessi, la nostra identità cristiana e i nostri valori più profondi! Quest’atteggiamento rappresenta anche il limite di un certo ecumenismo che pur di fare ecumenismo è disposto a rinunciare a qualunque verità cattolica. Proprio riguardo questi aspetti Gesù Cristo affermò di non essere venuto a portare l’unità e la pace, ma la divisione (cf Lc 12,51-53)! E proprio per questo Paolo dirà che il cristiano, se vorrà veramente essere tale, non potrà non subire persecuzione (cf 2Tm 3,12) e dovrà subirla proprio perché su certe cose noi cristiani non possiamo essere uomini che condividono e accolgono, ma sempre uomini che rifiutano e si oppongono e anche tacendo, il mondo si sentirà sempre accusato di peccato da noi a motivo della santità della nostra vita (cf Sap 2,12-20).                            Ritorniamo ora al nostro Vangelo.

L’incontro

Il Vangelo mette in rilievo come i Magi trovarono Gesù con Maria: è sempre così è Lei che ci dona Gesù e ce Lo dona attraverso la mediazione della Chiesa. Nessuno troverà mai il vero Gesù senza Maria e senza la Chiesa.

E una volta trovatoLo, Lo adorano. Ogni incontro vero con Gesù porta la persona all’adorazione, a mettersi in ginocchio. Uno dei segni che abbiamo incontrato veramente Gesù è dato dalla nostra facilità ad inginocchiarci, dal gusto e dalla gioia che abbiamo nel cuore nell’inginocchiarci davanti a Lui, soprattutto riconoscendoLo presente, “prigione d’amore”, nel sacramento dell’Eucaristia.

"E gli offrirono in dono oro, incenso e mirra". Ogni vero incontro con Dio, e Gesù è Dio, si conclude nell'offerta di se stessi e questo, infatti, significano i doni dell'oro, incenso e mirra. OroAl Signore che seguo. IncensoAl Dio Altissimo che adoro: MirraAll’uomo che amo e che morirà in croce per me.

Il ritorno

“… per un'altra strada fecero ritorno al loro paese”! È proprio così: dopo aver incontrato Gesù, ma averlo incontrato veramente e non solo con l'immaginazione, non si torna più sulla strada vecchia, non si torna più sulla strada dell'“uomo vecchio” (Col 3,9; Rm 6,6; Ef 4,22): la vita cambia e se non cambia è perché ancora non l'abbiamo incontrato, ancora Maria non ha avuto la gioia di metterci questo Bambino tra le braccia.

Ecco, carissimi, l'augurio della Chiesa: che ciascuno di noi oggi possa avere la gioia dei Magi, incontrarsi con Gesù, adorare Gesù, seguire Gesù, amare Gesù ed essere diversi, diversi dentro, diversi fuori con una vita diversa, più bella, più semplice, più profonda, più vera, più ricca di significato e più ricca di amore. 

Amen.

 j.m.j.

 

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Festa del Battesimo di N. S. G. C.

“TU SEI IL FIGLIO MIO PREDILETTO…”

 

 

 

Carissimi fratelli e sorelle la Liturgia della Chiesa chiude oggi il ciclo natalizio con la festa del Battesimo di N. S. Gesù Cristo. Durante il ciclo natalizio la Chiesa si ferma a contemplare il Volto del Bambino, quel Bambino divino che Maria allatta, che depone nella mangiatoia, che dà in braccio a Giuseppe, ai Pastori, ai Magi… Quel Bambinello che cresce e diventa Fanciullo lì, nell’umile casetta del falegname di Nazaret sotto lo sguardo contemplativo di sua Madre e la custodia premurosa di Giuseppe. Fanciullo… Adolescente… Uomo adulto, sempre lì in quel paesetto vivendo una vita qualunque come tutti, senza distinguersi in nulla di stravagante, eccentrico, diverso. Lui, il Figlio di Dio, se ne sta 30 anni lì: è la sua predica più lunga, 30 anni su 33. Vivendo per 30 anni una vita qualunque. Gesù, Il Signore, dà ricchezza, valore e dignità alla vita di qualunque persona umana perché come la Sua, anche la nostra è la vita di un figlio, di una figlia di Dio!

Ora ha circa trent’anni… è giunta l’ora di lasciare quella casa che lo ha visto crescere, Maria è lì, Giuseppe li ha preceduti nella grande meta e da lassù attende il compimento del mistero del Bambinello che gli fu affidato.

Entriamo nel Cuore di Gesù che lascia Nazareth… lascia la casetta del falegname…, lascia la sua Mamma…: è giunta l’ora!

Un abbraccio forte forte alla Mamma…, un ultimo sguardo da lontano alla sua piccola Nazareth e poi via… e va da Giovanni, si mischia a tanti peccatori che facevano la fila per essere immersi dal Battista nel Giordano.

Qui ogni idea preconcetta di Dio crolla: chi poteva immaginare una simile cosa? Dio, il Santo Dio che si mischia al fango e alla feccia dell’umanità! Colui che per essenza è senza peccato, né può peccare perché Dio, si fa peccato (cfr. 2Cor 5,21), lo assume in sé, lo prende su di sé per strapparlo a noi: Lui, Dio, il Santo per eccellenza si mischia a una fila di peccatori… gustiamo la scena… entriamoci dentro con il cuore, con l’anima, con tutta la nostra persona… si mischia alla gente… si avvicina a Giovanni e chiede il battesimo… non lo vuole battezzare  perché si sente indegno… Gesù lo costringe… (cfr. Mt 3,14-15)…

Gustiamo questa scena, entriamoci dentro con la fede, la speranza e l’amore… Guardiamo Gesù lì in mezzo e chiediamoGli: “perché Signore? Ma forse tu fingi? Tu sei il Santo dei Santi, perché ti fingi peccatore come noi?” Ma Lui ci risponde che non finge affatto, ma che è per il troppo amore che ci porta che Egli fa suo, veramente suo quello che è solo e veramente nostro, per gratuità d’amore prende su di sé il nostro debito, prende su di sé le nostre colpe, prende su di sé i nostri castighi. Il troppo amore con cui ci ama è capace di questo! L’amore proietta verso l’amato e crea unità, identificazione, assimilazione… e così per il suo troppo amore avviene lo scambio: Lui prende ciò che è in noi e noi prendiamo ciò che è in Lui, ognuno diventa proprietario dell’altro: le nostre colpe diventano le sue colpe, fatte proprie dal troppo amore che ci porta; i suoi meriti, la sua gloria, la sua santità, la sua bellezza di Figlio di Dio, diventano tutte cose nostre, veramente nostre, realmente nostre! Lui diventa come noi e noi diventiamo come Lui e tutto per opera del troppo amore!

Dio che con la sua potenza ci aveva creati, ci salva con la sua debolezza, sì perché chi è più debole di chi ama? L’amore e solo l’amore fa sì che il Grande si faccia Piccolo e renda Grande colui che è piccolo. L’amore e solo l’amore Lo fa mischiare oggi, Lui il Santo, a tanti poveri peccatori come noi. L’amore e solo l’amore lo spinge a farsi immergere nell’acqua da Giovanni che non vorrebbe perché non può capire, ma chi poteva capire un amore così grande? Incredibilmente grande: un uomo che battezza Dio! Dio che si inginocchia davanti ad un povero uomo chiedendo perdono per colpe che sono nostre, Lui… Dio!

Inizia la sua vita pubblica umiliandosi davanti ad un uomo, anche quando questa  vita  pubblica starà per concludersi farà un gesto simile, molto simile, quando “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13) e preso un asciugatoio e un catino si inginocchiò davanti a ciascun apostolo per lavargli i piedi, Pietro, come Giovanni oggi, non capirà e non vorrà, cederà perché costretto più perché convinto. Quanto è difficile per noi capire questo amore troppo grande!

Ed ecco che i cieli si aprono: 

  • la tracotante arroganza del primo uomo che, per la sua grande superbia, voleva essere grande come Dio, li aveva chiusi; 
  • l’umile abbassamento di Dio che, per il suo amore troppo grande, diventa Piccolo Uomo  li riapre per noi

È Dio che insegna all’uomo l’AMORE, quello vero, quello autentico, quello che ha la sua sorgente in Lui che è AMORE. 

Creati ad immagine di Dio AMORE non possiamo realizzarci se non nell’AMORE. Il primo uomo aveva corrotto il dinamismo intrinseco dell’AMORE e si era precluso la felicità, aveva rovinato tutto, aveva sporcato tutto, aveva abbruttito tutto, tutto perché volle farsi GRANDE più di Dio, volle essere AUTONOMO da Dio, volle essere LIBERO da Dio.

Ora i cieli si riaprono perché un altro uomo, l’Uomo Nuovo, realizza pienamente in sé il dinamismo intrinseco dell’AMORE, quello vero e ripara così al grande peccato e permette in Lui ad ogni uomo di realizzarsi pienamente nell’AMORE.

E così 

  • Mentre il primo volle farsi grande, Lui che era GRANDE – perché chi più grande di Dio? – si fa Piccolo Piccolo, Piccolo Bambino, Piccolo Uomo, e tutto questo per me…
  • Mentre il primo volle rendersi autonomo e non aver bisogno di nessuno, neanche di Dio, Lui che in quanto Dio, non aveva bisogno di niente e di nessuno, si fa bisognoso di tutto: di una Mamma che Lo allatti, Lo curi, Lo educhi, bisognoso di una famiglia, dei parenti, di una società che lo accolga, degli amici che lo amino e non volle salvarci senza chiedere aiuto a qualcuno che l’aiutasse a portare il legno, e tutto questo per me…
  • Mentre il primo uomo volle rendersi libero e non rendere conto a nessuno, neanche a Dio, delle sue scelte, Lui che in quanto Dio ha tutto sotto il suo dominio, tutto potrebbe schiacciare e sottomettere a sé, si sottomette a Maria e Giuseppe, si sottomette a Giovanni il Battista, si sottomette alle autorità del Sinedrio, si sottomette all’autorità di Pilato, non solo, ma si sottomette ad ogni uomo che Lui dice essere venuto a servire e la notte dell’Amore si sottomise ai suoi apostoli inginocchiandosi davanti a loro per lavare i loro piedi, e tutto questo per me…

Tutto questo per me… perché io imparassi dal suo esempio l’AMORE, quello vero e imparassi così ad AMARE come Lui facendomi umile, piccolo, ubbidiente per amore. L’Amore vero ci fa essere così: umili, piccoli, ubbidienti, se siamo tali significa che abbiamo capito l’AMORE e viviamo nella libertà vera dei figli di Dio.

 

E cieli si aprono, il Padre fa risentire la sua voce non più per ricercare un uomo che si nasconde dietro un cespuglio, ma un uomo ritrovato come suo Figlio, Figlio amato e benedetto e scende su di Lui lo Spirito, quello Spirito che procede dal Padre e da Lui e che è da sempre in Lui, scende sulla sua umanità assunta per noi, quello Spirito è per noi, ci è stato donato nel nostro Battesimo quando un altro Giovanni ci immerse in quell’acqua che Lui oggi ha reso santificante, quello Spirito che scese allora su di noi per innestarci a Lui ed essere come Lui, e crescere come Lui umili, piccoli, ubbidienti.

È Lui, lo Spirito, il protagonista del mirabile scambio con cui siamo redenti:

È perché Lui, lo Spirito Santo, scese con la sua potenza nel seno della Vergine Maria che la Vergine divenne feconda e il Verbo si fece carne e ci poté strappare da dosso i nostri peccati e farli suoi…

È perché Lui, lo Spirito Santo, scende con la sua potenza nel seno del fonte battesimale della Chiesa rendendola Madre di una moltitudine di fedeli che noi possiamo appropriarci della divinità del Verbo incarnato e diventare figli di Dio. Tutto ciò che è suo passa a noi: la sua gloria, la sua santità, la sua figliolanza divina, tutto ciò Lui è e tutto ciò che Lui ha ce lo dona, per amore, per un amore troppo grande: è diventato come noi per farci come Lui.

 

Che bello! Che bello! Ma questa bellezza si scontra con la realtà della nostra vita a cui oggi giunge il richiamo sempre attuale di Isaia: «Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio per ciò che non sazia?» Perché chiamati così in alto poi viviamo così troppo in basso? Così ammoniva i suoi fedeli il grande Leone Magno nel giorno del Natale: «Ricordati, cristiano della tua dignità!»

 

Fratelli e sorelle ricordiamocene anche noi, non accontentiamoci di una vita che giri al minimo, facciamola girare al massimo… non culliamoci su una barca ormeggiata nel porticciulo di una esistenza opaca e ristretta,  portiamo la barca al largo! 

Diamo spazio a Lui, lasciamoci spingere, condurre, portare dallo Spirito.

Diamo fiducia allo Spirito Santo, lasciamoci immergere da Lui, i frutti verranno, come dalla terra bagnata dall’acqua nascono e crescono i fiori e le piante, così dalla nostra vita quando ci apriamo sinceramente a quell’Acqua viva che è Lui. Ricordiamoci carissimi fratelli e sorelle che “siamo nati da Dio e che tutto ciò che è nato da Dio vince” (1Gv 5,4). Abbiamo questa fiducia in Lui di vincere, vincere il mondo, vincere il demonio, vincere quella parte bassa di noi stessi che ci fa guerra continua e serrata: ma noi siamo nati da Dio e tutto ciò che è nato da Dio vince!

Ma per uscire vittoriosi in questa lotta della vita, occorre aprirsi alla potenza creatrice dell’AMORE, di quello Spirito Santo che è AMORE, occorre abbandonarsi a Lui, occorre permettergli di agire, di fare, di trasformare, di infiammare, di consumare, di travolgere, di sconvolgere, di creare nuovi spazi, nuova vita, nuovi orizzonti… perché Lui non fa’ nulla senza che noi glielo consentiamo. 

Maria, ancora Lei e sempre Lei sia la nostra Maestra spirituale perché possiamo aprirci come Lei a Lui e diventare anche noi come Lei fecondi di Lui per l’eternità.      

Amen.          j.m.j.

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